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Il Sole 24 Ore|30 novembre 2018|p. 26|

Sono 140.000 le SRL che, sulla base delle nuove regole in arrivo, dovranno adottare il sindaco o il revisore.

Un netto cambio di stagione rispetto alle 15.000 attuali. È questa la stima fatta da Banca d’Italia. Che comunque ritiene questo dato sottostimato, visto che si riferisce alle sole società di cui sono disponibili i bilanci.
A produrre l’effetto sono i nuovi parametri messi a punto dallo schema di decreto legislativo di riforma della disciplina della crisi d’impresa in discussione davanti alle commissioni parlamentari.

Un cambiamento significativo che è frutto di un altro cambiamento, quello delle soglie sia economiche sia di dipendenti che danno luogo al nuovo obbligo.

Il totale dell’attivo dello stato patrimoniale scende infatti da 4 milioni e 400mila euro a 2 milioni; i ricavi da 8 milioni e 800mila a 2 milioni; il numero di dipendenti da 50 a 10.

Evidente il nuovo scenario che viene a delinearsi e che condurrà le 140.000 società a responsabilità limitata a dovere ingaggiare un professionista.

Ma l’abbassamento ha una sua logica nella visione del legislatore. Perché il significativo aumento delle società di capitali tenute al controllo interno, nella forma del sindaco o del revisore, deve essere letto nel contesto di una maggiore responsabilizzazione degli amministratori e, di riflesso, dei loro controllori nell’individuare per tempo i segnali di crisi aziendali nella prospettiva di scongiurare insolvenze conclamate con chiusura dell’impresa e azzeramento dei posti di lavoro.

Sono infatti i sindaci e i revisori a dovere essere protagonisti delle segnalazioni di criticità, quando l’imprenditore non si sia attivato autonomamente. E nei loro confronti è anche prevista, a fare contrappeso, una forma di responsabilità specifica.

Gli indici di criticità dovranno essere messi a punto, tenuto conto di alcune indicazioni del decreto, da parte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti. E a seconda degli indicatori che concretamente saranno adottati a cambiare sarà il numero di quelle 180.000 società (numero complessivo che tiene conto anche delle spa) che concretamente verranno a essere oggetto di segnalazione (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).
L’altro canale per dare concretezza alle misure di allerta è costituito dalle segnalazioni che arriveranno dai creditori pubblici, in particolare Inps e amministrazione finanziaria, insieme agli agenti della riscossione. Rispetto a questo canale, la stima fatta dal ministero della Giustizia è che arriveranno circa 15.000 segnalazioni all’anno.

A doverle gestire saranno gli organismi di composizione della crisi, che saranno costituiti o sono già stati costituiti presso ogni camera di commercio, per ora solo nell’ambito della crisi da sovraindebitamento del consumatore o del piccolo imprenditore sotto le soglie di fallibilità.

A venire istituito è un circuito alternativo alla giurisdizione classica e antecedente rispetto all’apertura di una procedura concorsuale che comunque ne potrà rappresentare uno sbocco.

E tuttavia, nel caso di ripetuta inerzia dell’imprenditore, a chiudere il cerchio ci sarà la segnalazione al pubblico ministero che in quel caso sarà a chiamato a intervenire nell’ambito della sua funzione civilistica aprendo, se lo riterrà, la procedura di liquidazione.

I NUMERI 180mila
Società sotto esame
Sono almeno 180mila le società che finiranno sotto l’esame delle future misure di allerta previste dalla riforma delle crisi di impresa. Società che, in base ai nuovi parametri, avranno anche l’obbligo (se non hanno già provveduto) di dotarsi di un organo interno di controllo
140mila
Società senza sindaci
Di queste 180mila, almeno 140mila sono le società che non hanno ancora nominato un sindaco o un collegio sindacale e che pertanto, a breve, si troveranno nella condizione di mettersi in regola