In attesa che l’Unione Europea approvi il nuovo Documento programmatico per il Bilancio 2019, è possibile effettuare alcune valutazioni in merito alle agevolazioni fiscali che dovrebbero essere introdotte a favore delle imprese:
la flat tax e l’innalzamento dei limiti di ricavi per l’adesione al regime forfettario.
La Flat tax
Fra le misure inserite nel Documento di economia e finanza (Def), deliberato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre 2018, al centro del dibattito nazionale c’è l’introduzione dal 2019 della flat tax.
Nel documento di programmazione economica viene ribadito che l’obiettivo primario della politica economica del nuovo Governo è di promuovere una ripresa vigorosa dell’economia italiana, puntando su un incremento adeguato della produttività del sistema paese e del suo potenziale di crescita e, allo stesso tempo, di conseguire una maggiore resilienza rispetto alla congiuntura e al peggioramento del quadro economico internazionale.
Sarà avviata la prima fase dell’introduzione della “flat tax”, che prevede l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani.
La riduzione della pressione fiscale proseguirà anche per effetto del taglio dell’imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi.
Nota bene
In attuazione della proposta flat tax per le imprese, nel 2019 si innalzeranno le soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani. Verrà inoltre introdotta un’aliquota ridotta, pari al 15 per cento, per l’imposta sui redditi di impresa.
L’aliquota ridotta si applicherà ai redditi corrispondenti agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni.
In conseguenza dei cambiamenti dell’imposizione su piccole imprese e utili reinvestiti, si prevede l’abrogazione dell’Imposta sul Reddito Imprenditoriale (Iri), che doveva entrare in vigore nel 2019 con aliquota al 24 per cento e che è ora superata dalla flat tax per le piccole imprese e lavoratori autonomi.
Alla luce della misura di riduzione dell’aliquota sugli utili reinvestiti di prossima introduzione, si eliminerà inoltre l’Aiuto alla Crescita Economica (Ace).
Dal punto di vista della politica fiscale, la graduale introduzione della flat tax per professionisti e piccole imprese è una forma di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro; ciò è coerente, precisa il Governo, con quanto da tempo raccomandato dalla Commissione Europea e dall’Ocse. Sarà, quindi, esteso il regime forfettario, sostitutivo di Irpef e Irap, che assoggetta all’aliquota del 15% una base imponibile forfettizzata applicando ai ricavi coefficienti di redditività differenziati per attività economica. Si sottolinea, che i soggetti che aderiscono a questo regime agevolato sono anche esentati dal versamento dell’Iva e da ogni adempimento.
La simulazione di convenienza
per i forfettari
Passare dal regime di tassazione progressiva per scaglioni dell’Irpef a una tassazione forfettaria del 15%, considerando anche la previsione di aumento dei limiti dei volumi di ricavi e compensi massimi di accesso, può essere più conveniente rispetto a quella ordinaria al crescere dell’ammontare del reddito imponibile dichiarato.
La sostituzione dalla tassazione ordinaria al regime forfettario potrà far risparmiare fino a 7mila euro di imposte all’anno: le simulazioni del Sole 24 Ore, riportate nel quotidiano di Lunedì 8 ottobre 2018, mostrano che i vantaggi possono essere ampi e diffusi, pur considerando l’impossibilità di detrarre l’Iva sugli acquisti, propria di questo regime di flat tax.
Infatti, nella valutazione di convenienza complessiva giocano un ruolo importante anche altri fattori: per esempio chi ha spese molto alte o detrazioni rilevanti, troverà conveniente continuare a pagare l’Irpef e le addizionali, scaricando costi, contributi e agevolazioni fiscali. Per di più, va analizzato l’importo dell’Iva pagata sugli acquisti per la quale la scelta del forfait pregiudica integralmente la detrazione trasformando l’imposta in un costo puro per l’impresa o il professionista.
Tuttavia, i dossier ora alle Commissioni di studio, prevedono la ridefinizione di altri aspetti, oltre al limite di ricavi. In particolare, il dossier allo studio del sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci, prevede la riduzione dei coefficienti di redditività per dare un maggior peso specifico ai costi sostenuti (che per i professionisti per esempio si fermano al 22%) e abbattere il reddito su cui si applica la sostitutiva al 15 per cento.
Altresì, è in corso un ragionamento sui limiti per i compensi erogati ai collaboratori (ora il massimo è 5mila euro) e per gli acquisti di beni strumentali (ora a 20mila euro).
Pertanto, cambiando i requisiti di accesso o permanenza nel forfait, i risparmi da flat tax potrebbero anche aumentare.
Al Convegno Nazionale dei commercialisti riuniti ad Agrigento l’11 e il 12 ottobre, arrivano proposte e qualche appuntita riflessione, con la massima attenzione però a evitare le insidiose trappole dei saldi di finanza del DEF.
Il presidente del Cndcec, Massimo Miani, nella tavola rotonda che ha aperto i lavori, sottolinea i rischi di una flat a partenza silenziata e differenziata. «Senza la rimozione dei vincoli sulla partecipazione a società o associazioni professionali – ha detto Miani – sui tetti di spesa per dipendenti e collaboratori e sui tetti di investimento in beni strumentali, questo ampliamento del regime dei minimi premierà, anche a parità di fatturato, le piccole partite Iva che non si aggregano, che non assumono e che non investono, mentre penalizzerà le piccole partite Iva che lo fanno».
Comunque, anche con questi accorgimenti, a parere dei commercialisti non mancheranno «rischi di effetti collaterali dannosi».
Secondo i calcoli della categoria, illustrati da Miani, «un libero professionista con fatturato di 65mila euro e costi nell’ordine del 22% del suo fatturato pagherà imposte sul reddito per 7.605 euro, cioè l’11,7 per cento.
Un professionista con la medesima struttura di costi, ma con un fatturato di 66mila euro, pagherà imposte per 18.856 euro, il 27,4%, cioè due volte e mezzo in più».
Semplificazioni ai fini delle Imposte sui Redditi
I contribuenti in regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili.
Devono, però, conservare i documenti ricevuti ed emessi ai sensi dell’articolo 22, Dpr 600/1973 e presentare la dichiarazione dei redditi nei termini e con le modalità previste dal Dpr 322/1998.
È inoltre stabilito che i contribuenti minimi non sono sostituti d’imposta, ma sono tenuti a indicare nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale dei percettori dei redditi che ordinariamente sarebbero assoggettati a ritenuta alla fonte e l’ammontare dei redditi stessi.
I ricavi conseguiti e i compensi percepiti non sono assoggettati a ritenuta d’acconto.
A tal fine e necessario che il contribuente rilasci un’apposita dichiarazione al sostituto dalla quale risulti che il reddito cui le somme percepite afferiscono, e soggetto all’imposta sostitutiva.
Il regime forfettario
Fra le misure inserite nel citato Documento di economia e finanza (Def) vi è, come anzidetto, quella di estendere l’aliquota al regime forfetario delle Partite Iva con un volume d’affari fino a 65mila euro.
Il regime contabile forfetario prevede un’aliquota ordinaria del 15% sul reddito determinato forfetariamente se non si conseguono ricavi o compensi eccedenti i limiti individuati in funzione dell’attività svolta, che oscillano tra 25.000 e 50.000 euro.
Vediamolo nel dettaglio.
L’articolo 1, comma 54-89, legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd “legge di Stabilita 2015”) ha introdotto, a far data dal 1° gennaio 2015, un nuovo regime forfettario per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni in forma individuale di determinazione del reddito da assoggettare a un’unica imposta in sostituzione di quelle dovute pari al 15%. Inoltre, e previsto un regime contributivo opzionale per le imprese con la soppressione del versamento dei contributi sul minimale di reddito.
il nuovo regime fiscale agevolato è applicabile alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arte o professione che:
- intraprendono una nuova attività d’impresa o di lavoro autonomo;
- nell’anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinate soglie che variano a seconda del codice Ateco che ricomprende l’attività d’impresa o professionale esercitata, a differenza del precedente regime dei minimi che prevedeva un unico limite di accesso pari a euro 30.000.
A seconda delle diverse attività economiche sono previsti diversi coefficienti di redditività i quali determinano il reddito imponibile.
A differenza di quanto previsto nel vecchio regime dei minimi, i nuovi minimi possono operare con l’estero. Un’altra novità, rispetto al precedente regime dei minimi, consiste nell’aver ricompreso in tale regime anche quanti sostengono spese per lavoro dipendente o per collaboratori, anche a progetto, per importi complessivamente non superiori a Euro 5.000 lordi. In tale limite sono comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati.
In merito ai beni strumentali, il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni mobili strumentali alla chiusura dell’anno precedente non deve superare Euro 20.000.
Ai fini del calcolo del limite per i beni strumentali:
- per i beni in locazione finanziaria rileva il costo sostenuto dal concedente;
- per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’articolo 9, Dpr 917/1986;
- i beni utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione e per l’uso personale familiare del contribuente concorrono nella misura del 50%;
- non rilevano i beni il cui costo unitario non e superiore a Euro 516,46;
- non rilevano i beni immobili, comunque acquisiti, e utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione.
La determinazione del reddito imponibile
La determinazione del reddito imponibile, si ottiene applicando ai ricavi e compensi percepiti nel periodo d’imposta un differente coefficiente di redditività in funzione del codice Ateco che contraddistingue l’attività svolta.
Casi di aliquota ridotta
Per i primi 5 anni di attività, il reddito determinato con i criteri sopra illustrati, è invece assoggettato a un’imposta sostitutiva del 5% purché sussistano i particolari requisiti di cui al comma 65, articolo 1, legge di Stabilità citata, ovvero:
- nei 3 anni precedenti l’inizio dell’attività, il contribuente non deve aver esercitato attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
- l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
- qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al citato comma 54.
Pertanto, a differenza del precedente regime, non assumono rilevanza le spese sostenute nello stesso esercizio relative all’attività d’impresa o dell’arte o della professione, a eccezione dei contributi previdenziali versati in base alla legge.
L’eventuale eccedenza può essere scomputata dal reddito complessivo come onere deducibile. Sul reddito imponibile si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap in misura pari al 15%.
Il versamento dell’imposta sostitutiva e effettuato negli stessi termini e con le medesime modalità previste per il versamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Si applicano, quindi, tutte le disposizioni vigenti in materia di versamenti a saldo e in acconto dell’imposta, compensazione e rateazione della stessa.
In caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva è dovuta dall’imprenditore sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari.
Limiti di ricavi/compensi e coefficienti di redditività
Gruppo di settore | Codici attività Ateco 2007 | Valore soglia ricavi/compensi (*) | Coefficiente di redditività |
Industrie alimentari e delle bevande | (10 – 11) | 45.000 | 40% |
Commercio all’ingrosso e al dettaglio | 45 – (da 46.2 a 46.9) – (da 47.1 a 47.7) – 47.9 | 50.000 | 40% |
Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande | 47.81 | 40.000 | 40% |
Commercio ambulante di altri prodotti | 47.82 – 47.89 | 30.000 | 54% |
Costruzioni e attività immobiliari | (41 – 42 – 43) – (68) | 25.000 | 86% |
Intermediari del commercio | 46.1 | 25.000 | 62% |
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione | (55 – 56) | 50.000 | 40% |
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi | (64 – 65 – 66) – (69 – 70 – 71- 72 – 73 – 74 – 75) – (85) – (86 – 87 – 88) | 30.000 | 78% |
Altre attività economiche | (01 – 02 – 03) – (05- 06 – 07 – 08 – 09) – (12 – 13 – 14 – 15 – 16 – 17 – 18 – 19 – 20 – 21 – 22 – 23 – 24 – 25 – 26 – 27 – 28 – 29 – 30 – 31 – 32 – 33) – (35) – (36 – 37 – 38 – 39) – (49 – 50 – 51 – 52 – 53) – (58 – 59 – 60 – 61 – 62 – 63) – (77 – 78 – 79 – 80 – 81 – 82) -(84) – (90 – 91 – 92 – 93) – (94 – 95 – 96) – (97 – 98) – (99) | 30.000 | 67% |
(*) Non partecipano alla formazione del reddito imponibile le plusvalenze patrimoniali e le sopravvenienze attive, così come altre tipologie di proventi |
Il reddito è determinato applicando ai ricavi/compensi un coefficiente di redditività differenziato a seconda dell’attività esercitata, come evidenziato nella seguente tabella.
Il reverse charge
Per le sue peculiarità, il regime forfettario ha un particolare rapporto con il meccanismo dell’inversione contabile di cui all’articolo 17 del Dpr 633/1972.
Tale modalità di assolvimento dell’imposta prevede che il debitore Iva sia il cessionario/committente; pertanto, la fattura è emessa senza Iva e il cliente, una volta ricevuto il documento, lo integra con l’imposta e lo contabilizza sia nel registro degli acquisti che in quello delle vendite. Il reverse charge, quindi, implica che l’acquirente ponga in essere determinati adempimenti contabili e fiscali, dai quali però i soggetti che operano in regime forfettario sono esonerati.
A confermarlo è la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 14/E/2015, la quale ha precisato che «il reverse charge non trova applicazione alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti previsti dal Dpr 633 del 1972». Pertanto, non essendo tenuto alla registrazione delle fatture, il forfetario non potrebbe poi adempiere correttamente agli obblighi imposti dalla normativa ex articolo 17.
La criticità si presenta unicamente per gli acquisti, considerato che qualora il fornitore avesse aderito al regime forfetario non applicherebbe l’Iva indipendentemente dall’operazione posta in essere, non rilevando la tipologia di cessione realizzata. Se, invece, il cliente fosse un forfetario, non solo il cedente/prestatore non dovrà applicare il reverse charge, ma dovrà anche ricorrere alle regole Iva ordinarie, addebitando, di conseguenza, l’Iva direttamente in fattura.
L’inversione contabile, tuttavia, non si applica unicamente alle operazioni nazionali, ma è richiesta anche per gli acquisti internazionali, considerato che il cliente nazionale è tenuto a integrare la fattura ricevuta dal fornitore estero con l’imposta. Il trattamento riservato alle transazioni estere è stato analizzato dall’agenzia delle Entrate nella circolare 10/E/2016.
In particolare, qualora il forfetario assuma la qualifica di cedente intracomunitario, emetterà la fattura senza imposta, poiché l’operazione è assimilata a una cessione interna, riportando in fattura la seguente dicitura «non costituisce cessione intracomunitaria ai sensi dell’articolo 41, comma 2-bis, del Dl 30 agosto1993, n. 331».
Per gli acquisti intracomunitari, invece, occorre verificare il superamento o meglio della soglia di 10.000 euro, in quanto laddove non dovesse essere superata, l’Iva è assolta dal cedente comunitario, pertanto, il cessionario nazionale non dovrà adempiere a specifici obblighi contabili fiscali.
Se, invece, gli acquisti realizzati superino i 10mila euro annui, il forfetario è tenuto ad applicare l’Iva secondo le regole previste per gli acquisti Ue per i soggetti che operano in regime ordinario (integrazione fattura, iscrizione Vies e compilazione Intrastat).
Relativamente, ai servizi intracomunitari resi e ricevuti, nonché alle operazioni poste in essere con soggetti non comunitari (extra Ue), il legislatore al comma 58 dell’articolo 1 della legge 190/2014, ha sancito l’applicazione delle regole Iva ordinarie, quindi gli articoli 7-ter e seguenti del Dpr 633/1972. Resta ferma, per l’imposta relativa a queste operazioni, l’impossibilità di avvalersi del diritto alla detrazione di cui all’articolo 19 del citato decreto.
Le proposte di cambiamenti
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, nel corso delle audizioni parlamentari, ha proposto di allineare il regime con gli istituti esistenti negli Stati europei analizzati nell’approfondimento del 12 ottobre 2018, innalzando le soglie dei ricavi e dei compensi che ne consentono l’applicazione e modificando i relativi coefficienti di redditività.
L’approfondimento analizza la disciplina italiana comparandola ai sistemi di tassazione vigenti in altri Paesi europei (Francia, Irlanda, Russia, Romania, Ungheria, Bulgaria), che applicano la flat tax o, in alcuni casi, metodologie forfetarie di determinazione del reddito comparabili al c.d. regime forfetario italiano. Altri paesi, quali Germania, Spagna e Regno Unito non sono stati inclusi nell’analisi in quanto non presentano degli istituti tributari con caratteristiche comparabili al regime forfetario italiano.
Lo studio evidenzia che paesi come la Russia, la Bulgaria, la Romania e l’Ungheria prescelgono l’applicazione di aliquote uniche, variabili dal 10 al 16%, passando per il 13 e il 15%, a prescindere dall’entità del reddito e/o dei ricavi e compensi, con possibilità di applicare anche regimi forfetari, come nel caso dell’Ungheria che, a partire dal 2013, ha introdotto un regime denominato “Kata” per le ditte individuali con fatturato annuo non superiore a 18.459 Euro.
Nella tabella seguente una sintesi dello studio:
le proposte in sintesi
Paese | Ricavi-compensi / redditi | Coefficienti | Imposte |
Francia | Solo Imprese individuali con volume d’affari tra 32.900 e 82.200 a seconda dell’attività | – 29% per attività di cessioni di beni o fornitura di alloggi
– 50% per prestazioni di servizi – 66% per lavoro autonomo |
Imposta sostitutiva 1% o 1,7% o 2,2% su V.A. (opzione) con cadenza mensile / trimestrale |
Irlanda | 33.800/42.800 inteso come reddito imponibile suddiviso per categorie | Tassa reddito. Esenzione sino a 40 mila per artisti e imprese avviate da disoccupati di lunga durata | Aliquota unica 20% fino a 33.800; redditi eccedenti al 40% (per coniugati soglia 40% a 42.800) |
Russia | Reddito (differenza analitica tra ricavi e costi). Nessun limite di reddito/fatturato).
Deduzione forfettaria 20% per le imprese (20% o 40% per autonomi) |
Lavoro autonomo 60% / 80%
Imprese 80% (opzionale) |
Aliquota ordinaria 13% |
Romania | Senza limiti | Non previsti | Aliquota unica 16% (riforma fiscale del 2005) |
Ungheria | Per fatturato fino a circa 18.459 imposta forfettaria: circa € 154 mensili se fonte di reddito primaria; diversamente circa € 77 | Non previsti | In generale aliquota unica 15%.
Tassazione al 40% sopra soglia |
Bulgaria | Senza limiti | Non previsti | Aliquota unica 10% su tutti i redditi delle persone fisiche residenti ovunque prodotti |