– l’appaltatore subappalta in tutto o in parte i lavori di costruzione e ristrutturazione dell’immobile;
– il subappaltatore esegue i lavori, addebitando al proprio committente i corrispettivi con applicazione dell’Iva nei modi ordinari (l’aliquota dipende dalla tipologia di lavori eseguiti);
– il committente del subappaltatore riceve tale fattura, paga il corrispettivo e l’imposta, e procede alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 633/1972;
– il subappaltatore, indipendentemente dalla “complicità” del committente non procede al versamento dell’imposta all’Erario, e dopo un certo periodo procede alla cessazione dell’attività, scomparendo letteralmente dalla circolazione.
A seguito di tale comportamento:
– resta fermo il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al committente, in quanto tale diritto prescinde dall’effettuazione dell’imposta da parte del subappaltatore;
– l’Erario subisce un danno, in quanto a fronte della detrazione del committente, non incassa l’imposta a debito del subappaltatore, e si trova costretto ad eseguire una procedura di recupero particolarmente difficoltosa, sia per la irreperibilità del soggetto, sia per la probabile (anzi quasi certa) inconsistenza patrimoniale dello stesso.
Con il meccanismo del reverse charge, il danno evidenziato viene evitato, in quanto:
– il subappaltatore procede all’addebito del corrispettivo per la prestazione eseguita, senza addebito dell’imposta (emissione di fattura con aliquota zero);
– il committente procede all’autofatturazione, applicando “virtualmente” l’imposta, in quanto procede alla doppia annotazione nel registro acquisti ed in quello delle fatture emesse, rendendo così neutro l’impatto.
In altre parole, con il meccanismo dell’inversione contabile, non si ha esborso finanziario dell’imposta tra le parti, con la conseguenza che il committente procederà al pagamento della fattura del subappaltatore senza esborso d’imposta, in quanto l’Iva non è contenuta nel documento stesso.
DECORRENZA: come previsto dalla legge 296/2006, il meccanismo del reverse charge, di cui all’art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972, si applica a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2007. A tale proposito, la C.M. 29.12.2006, n. 37/E, precisa che il meccanismo dell’inversione contabile si applica “alle operazioni per le quali a partire da tale data sarà emessa fattura, o sarà effettuato il pagamento del corrispettivo o parte di esso“. Si tratta, in altre parole, dell’applicazione delle ordinarie regole previste dall’art. 6 del D.P.R. 633/1972 in tema di effettuazione dell’operazione, con la conseguenza che:
– pagamenti di corrispettivi per prestazioni eseguiti dopo il 1° gennaio 2007 per lavori eseguiti fino al 31.12.2006 possono già ricadere nell’ambito del meccanismo in oggetto, ferma restando la presenza degli altri requisiti, in quanto operazioni effettuate dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni;
– pagamenti di acconti intervenuti entro il 31.12.2006 per prestazioni da eseguire dal 1° gennaio 2007 in poi, non possono ricadere nel meccanismo dell’inversione contabile, in quanto operazioni effettuate prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria: dopo l’entrata in vigore del nuovo regime di inversione contabile, divenuto definitivo, come detto poc’anzi, con la Legge Finanziaria 2007, numerosi sono stati i chiarimenti diffusi dall’Amministrazione finanziaria finalizzati a dipanare i moltissimi dubbi applicativi che sin dall’inizio sono sorti in merito a tale nuovo obbligo.
In particolare, si segnalano le seguenti Circolari:
– C.M. 4.8.2006, n. 28/E: è la prima circolare diffusa a seguito della prima stesura del testo normativo, approvato dal D.L. 223/2006, la cui entrata in vigore era stata congelata in attesa dell’autorizzazione Ue;
– C.M. 29.12.2006, n. 37/E: emanata pochi giorni prima dell’entrata in vigore della norma, trasfusa nella Legge 296/2006;
– C.M. 16.2.2007, n. 11/E: contiene alcuni chiarimenti formalizzati a seguito di specifici quesiti nel corso di Telefisco;
– C.M. 4.4.2007, n. 19/E: chiarisce l’applicazione del regime nei rapporti tra consorzio e consorziati.
– C.M. 22.12.2015, n. 37/E: chiarisce le modalità di applicazione del meccanismo del reverse charge in edilizia e nei settori connessi, con riferimento all’ipotesi di cui all’articolo 17, lett. a-ter, D.P.R. 633/1972 (reverse charge nel settore edile a prescindere dalla presenta di subappalto).
Dopo il “primo blocco” di chiarimenti, si sono susseguite numerose risposte ad istanze di interpello, formalizzate con i seguenti documenti:
– R.M. 9.4.2009, prot. 954 (prodotti in legno per coperture immobili);
– R.M. 12.11.2008, n. 432/E (contratto Global service);
– R.M. 20.6.2008, n. 255/E (forniture di beni con posa in opera);
– R.M. 16.6.2008, n. 246/E (definizione di appalto e di posa in opera);
– R.M. 16.6.2008, n. 245/E (contratti di manutenzione);
– R.M. 16.4.2008, n. 155/E (contratto In-house providing);
– R.M. 28.3.2008, n. 113/E (attività edili secondarie);
– R.M. 18.3.2008, n. 101/E (concessione di lavori pubblici);
– R.M. 4.3.2008, n. 76/E (montaggio di strutture prefabbricate);
– R.M. 10.8.2007, n. 220/E (realizzazione di controsoffitti e pareti in cartongesso);
– R.M. 3.8.2007, n. 205/E (contratti di noleggio con operatore);
– R.M. 26.7.2007, n. 187/E (noleggio ed installazione di ponteggi conto terzi);
– R.M. 11.7.2007, n. 164/E (prestazioni di riparazione e manutenzione);
– R.M. 28.6.2007, n. 148/E (fornitura di armature).
Infine, si segnalano i seguenti documenti, che pur non essendo stati emanati dall’Amministrazione finanziaria, contribuiscono a chiarire l’esatto ambito di applicazione del reverse charge. In particolare:
– le risposte ad interrogazioni parlamentari n. 5-00661 del 7.2.2007 e n. 5-00753 del 21.2.2007;
– la Circolare Assonime 30.7.2007, n. 45.
Presupposti applicativi:
– l’applicazione concreta delle disposizioni di cui all’art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972, dipende dal verificarsi simultaneamente di tutta una serie di condizioni. A tale proposito, la C.M. 37/E/2006, ha fornito preziose indicazioni, individuando una serie di requisiti consecutivi, la cui verifica positiva determina l’obbligo di applicazione del regime di inversione contabile.
In particolare:
- primo requisito: è necessario verificare l’aspetto “soggettivo”, ossia la presenza di almeno tre soggetti coinvolti, in quanto la presenza di un subappaltatore richiede necessariamente la contemporanea presenza di almeno altri due soggetti, il committente (titolare della licenza edilizia) ed un appaltatore. In assenza di una “catena” di almeno tre soggetti, è necessario interrompere il percorso e procedere all’applicazione dell’Iva nei modi ordinari;
- secondo requisito: è indispensabile verificare che l’operazione sia stata posta in essere nelsettore edile, nel senso che la prestazione eseguita deve rientrare in quelle previste dal gruppo “F” (Costruzioni) dei “vecchi” codici di attività desumibile alle tabelle Atecofin 2004 (contraddistinte dalle prime due cifre “45”). (2) Se la prestazione eseguita non rientra tra quelle contemplate nel citato gruppo “F”, si deve procedere anche in questo caso all’applicazione dell’imposta nei modi ordinari;
- terzo requisito: l’ultimo passaggio è quello relativo al contenuto giuridico dell’accordo che lega il subappaltatore con l’appaltatore principale, in quanto l’Agenzia delle Entrate, sul presupposto che la norma si rende applicabile alle sole prestazioni di servizi, ha precisato che l’accordo contrattuale deve rientrare nelle fattispecie del contratto d’opera o nella prestazione d’opera, restando invece sempre escluse le cessioni di beni con posa in opera, in quanto tale ultima operazione costituisce ai fini Iva una cessione di beni e non una prestazione di servizi.
Una volta verificati tutti i suddetti requisiti:
– il subappaltatore emette fattura senza addebito d’imposta ai sensi dell’art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972;
– l’appaltatore integra la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotandola, nei termini ordinari, sia nel registro degli acquisti di cui all’art. 25, sia nel registro delle fatture emesse di cui all’art. 23 o nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24, così da “neutralizzare” l’imposta in sede di liquidazione periodica.
REVERSE CHARGE e CESSIONI di IMMOBILI: l’art. 9, co. 1, lett. b), D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con L. 7.8.2012, n. 134 (decreto “sviluppo”), ha modificato, con effetto dal 26.6.2012, l’art. 17, co. 6, lett. a-bis), D.P.R. 633/1972 estendendo l’applicazione del meccanismo del reverse charge a tutte le cessioni di immobili, sia abitativi sia strumentali, per le quali il cedente abbia optato per l’imponibilità Iva.
REVERSE CHARGE per le CESSIONI di FABBRICATI IMPONIBILI su OPZIONE: come evidenziato dalla C.M. 28.6.2013, n. 22/E, il meccanismo del reverse charge si applica solo nel caso di regime di imponibilità ad Iva opzionale.
Diversamente, nei casi di cessioni di fabbricati di cui ai nn. 8-bis) e 8-ter) dell’art. 10, D.P.R. 633/1972 imponibili Iva per obbligo di legge, l’imposta deve essere assolta dal cedente secondo le modalità ordinarie (ad es., nell’ipotesi in cui l’impresa costruttrice ceda un fabbricato abitativo entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione).
In base al nuovo art. 17, co. 1, lett. a-bis), D.P.R. 633/1972, la fattura emessa dal cedente – senza addebito dell’imposta e con l’indicazione della norma di riferimento, vale a dire l’art. 17, co. 6, lett. a-bis), D.P.R. 633/1972 – deve essere integrata dall’acquirente applicando l’Iva con l’aliquota prevista per l’operazione effettuata.
Peraltro, in base all’art. 6, co. 4, D.P.R. 633/1972, il pagamento di un acconto sul prezzo costituisce, per il relativo importo, momento di effettuazione della cessione e, pertanto, va assoggettato ad imposta in base alle norme vigenti al momento del pagamento. Pertanto, sussistendo i presupposti richiesti dalla norma, l’Iva relativa all’acconto sul prezzo deve essere assolta mediante il meccanismo del reverse charge.
Per quanto riguarda le modalità di assolvimento dell’Iva nell’ipotesi in cui la cessione sia effettuata da un soggetto passivo in un momento anteriore alla data di ultimazione del fabbricato, come chiarito con la C.M. 1.3.2007, n. 12/E – la cessione di un fabbricato non ultimato è esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 10, co. 1, nn. 8-bis) e 8- ter), D.P.R. 633/1972 in quanto si tratta di un bene che non è ancora uscito dal circuito produttivo la cui cessione, pertanto, deve essere assoggettata ad Iva. In tal caso, non ricorrendo un’ipotesi di imponibilità opzionale/facoltativa, non trova applicazione il meccanismo dell’inversione contabile e la cessione, quindi, è assoggettata ad Iva secondo le regole ordinarie previste dall’art. 17, D.P.R. 633/1972.
ESTENSIONE del REVERSE CHARGE dal 2015: l’art. 1, co. 629, L. 190/2015, ha previsto ulteriori ipotesi di reverse charge, a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015. Gli ulteriori settori assoggettati al reverse charge integrano e modificano l’elenco delle attività già previste dall’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972.
In particolare, con la nuova formulazione dell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/72 (modificata all’articolo 1, comma 629, lettera a, legge n. 19/2014) il reverse charge è applicabile ai seguenti comparti:
– prestazioni di servizi di pulizia negli edifici (lettera a-ter);
– settore edile lettera a (in caso di subappalti) e lettera a-ter (in altri casi di interventi su edifici specificamente previsti a prescindere dal subappalto);
– settore energetico: trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra (lettera d-bis), trasferimenti di certificati relativi al gas e all’energia elettrica (lettera d-ter), cessioni di gas e di energia elettrica a soggetti passivi rivenditori (lettera d-quater);
– grande distribuzione organizzata: cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati, supermercati, discount alimentari (lettera d-quinquies).
Chiarimenti in merito sono contenuti nella Circolare 14/E del 27.3.2015.
Estensione reverse charge a rapporti in consorzi: la Legge Finanziaria 2016 (art. 1, comma 128 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), con il comma 128, ha introdotto alcune modifiche relative al reverse charge di cui alla legge n. 190 del 23.12.2014 (Legge finanziaria 2015), estendendo il meccanismo di inversione contabile alle prestazioni di servizio rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza, ove detto consorzio sia aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico, al quale il consorzio sia tenuto ad emettere fattura (ai sensi delle disposizioni relative al cd. split payment). L’efficacia della norma così introdotta è subordinata all’autorizzazione UE, ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006.
L’intervento normativo in esame persegue l’obiettivo di affievolire gli effetti finanziari prodotti in capo ai fornitori della Pubblica Amministrazione dall’intervenuta adozione del regime di split payment (di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 aggiunto dalla legge di stabilità 2015).
In proposito, è utile ricordare che la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 629, lett. b) della legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha introdotto una nuova modalità di versamento dell’IVA, operante esclusivamente con riferimento a determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione, definita “scissione dei pagamenti”, ormai più nota con il termine inglese di split payment e disciplinata dall’art. 17-ter aggiunto al D.P.R. n. 633 del 1972. In applicazione di detto regime, a fronte dell’operazione effettuata nei confronti della Pubblica Amministrazione, il cedente/prestatore deve emettere fattura con addebito dell’imposta, provvedere alla registrazione della stessa, senza tuttavia computare l’imposta a debito nella liquidazione periodica IVA in quanto l’obbligo di versamento dell’imposta, infatti, è posto a carico dell’Amministrazione committente/cessionaria. Questo ultimo soggetto deve quindi operare una scissione (splitting) sulle somme complessivamente dovute al proprio fornitore e accreditare a quest’ultimo il solo importo del corrispettivo pattuito (al netto dell’IVA indicata in fattura), versando direttamente all’Erario il relativo tributo.
Il fornitore che intrattiene rapporti con la Pubblica Amministrazione si viene quindi a trovare in una posizione di costante credito IVA. Attraverso l’introduzione di questa nuova fattispecie di inversione contabile IVA (reverse charge) sostanzialmente si realizza l’effetto di attenuare il descritto deficit finanziario spostando, tuttavia, sulle consorziate gli adempimenti connessi all’applicazione del regime IVA di inversione contabile.
SETTORE EDILE (art. 17, co. 6, lett. a), a-ter), D.P.R. 633/1972): la nuova formulazione della lettera a), coordinata con la lettera a-ter), di nuova introduzione, dell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/72, comporta sostanzialmente l’estensione del reverse charge anche ai contratti di appalto (non solo di subappalto), relativi ad alcune prestazioni di servizi rese nel settore edile e consistenti in demolizioni, installazione di impianti, e completamento di edifici. Tali prestazioni, ora espressamente previste dalla nuova lettera a-ter), erano già ricomprese nella più ampia sezione F della tabella Ateco 2007 e, fino al 2014, applicavano il reverse charge solo in presenza di subappalto reso nei confronti di un soggetto passivo esercente un’attività riconducibile al settore edile. In pratica la legge di stabilità per il 2015 ha modificato la lettera a), limitata ai rapporti di subappalto, escludendone l’applicazione alle operazioni ora individuate nella nuova lettera a-ter) (cioè, demolizioni, installazione di impianti, completamento di edifici). Da ciò consegue che il reverse charge è applicabile a tali specifiche prestazioni (già rientranti nella sezione “F” ATECO 2007) non solo nel caso di subappalto, ma anche di appalto.
La nuova lettera a-ter) individua espressamente le prestazioni (demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) a cui, dal 1° gennaio 2015, è applicabile il reverse charge indipendentemente dal fatto che l’attività sia posta in essere nell’ambito di un contratto di subappalto.
SETTORI: il criterio più corretto è il riferimento alle attività svolte secondo la classificazione ATECO 2007. La C.M. 14/E/2015 ha confermato tale interpretazione chiarendo che deve farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007, indipendentemente dalla circostanza:
– che i soggetti passivi che rendono i servizi siano prestatori che operano nel settore edile (quindi con attività compresa nei codici della sezione F);
– che le prestazioni siano rese da un subappaltatore (nei confronti di imprese di costruzione o ristrutturazione ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore) o nei confronti di un contraente generale affidatario della totalità dei lavori;
– dal rapporto contrattuale tra le parti e dalla tipologia di attività esercitata: riguarda infatti “tutte le prestazioni rese nei rapporti B2B, anche nei confronti dei committenti che non operano nel settore edile o dei contraenti generali”.
Al fine di delineare i settori a cui si applica il nuovo reverse charge si indicano, per le prestazioni di servizi di pulizia il codice ATECO 2007: 81.2 e per le prestazioni di servizi di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici il codice ATECO 2007: 43, edilizia specializzata.
Peraltro, si evidenzia che anche la denominazione delle prestazioni utilizzata dal legislatore ricalca la terminologia utilizzata dalla classificazione ATECO 2007.
Attività | Decorrenza | Durata |
Prestazioni di servici di pulizia negli edifici (lettera a-ter | 1° gennaio 2015 | a regime |
Settore edile (lettera a e lettera a-ter) | 1° gennaio 2015 | a regime |
Settore energetico: trasferimentii di quote di emissioni di gas a effetto serra (lettera d-bis), trasferimenti di certificati relativi al gas e all’energia elettrica (lettera d-ter), cessioni di gas e di energia elettrica a soggetti passivi rivenditori (lettera d-quater) | 1° gennaio 2015 | 4 anni |
Grande distribuzione organizzata: cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati, supermercati, discount alimentari (lettera d-quinquies) | Sospesa, fino al rilascio dell’autorizzazione comuniatria | 4 anni |
Cessioni di bancali di legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo | 1° gennaio 2015 | a regime |
Si ritiene, come affermato in precedenza, che il criterio più corretto per individuare le sopraindicate prestazioni, sia quello di prendere a riferimento la classificazione delle attività economiche ATECO 2007, la cui sezione F era già stata utilizzata dall’Amministrazione finanziaria per individuare le prestazioni di servizi rese in subappalto nel “settore edile”.
Nella sezione F, le attività di “demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici” sono espressamente menzionate nei seguenti gruppi della sezione F:
– 43.1 Demolizione e preparazione del cantiere edile;
– 43.2 Installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori di costruzione e installazione;
– 43.3 Completamento e finitura di edifici.
Pertanto, in considerazione della formulazione letterale utilizzata dal legislatore nella lettera a-ter), si ritiene che il reverse charge sia applicabile, dal 1° gennaio 2015, alle attività contraddistinte dagli specifici codici rientranti nel gruppo 43.1 (demolizione), nel gruppo 43.2 (installazione di impianti) e nel gruppo 43.3 (completamento di edifici), della sezione F con le precisazioni che seguono. Si raccomanda di porre attenzione alla descrizione delle attività proposta nel volume pubblicato dall’ISTAT “NOTE ESPLICATIVE” alla classificazione delle attività economiche Ateco 2007, rintracciabile al seguente indirizzo internet: http://www.istat.it/it/archivio/17888.
Installazione di impianti (elettricisti, idraulici, etc.) Dal 1° gennaio 2015, gli installatori di impianti (con attività riconducibile ai codici attività rientranti nel gruppo 43.2 ATECO 2007 fatturano in reverse charge in tutti i casi in cui effettuano la prestazione (anche di manutenzione e riparazione) su edifici nei confronti di un soggetto passivo IVA, a prescindere dalla tipologia contrattuale (appalto, subappalto, contratto d’opera).
Elenco delle attività soggette a reverse charge, in base al codice ATECO 2007 riguardanti installazioni di impianti in edifici:
– 43.21.01 – Installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione (inclusa manutenzione e riparazione);
– 43.21.02 – Installazione di impianti elettronici (inclusa manutenzione e riparazione);
– 43.22.01 – Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento dell’aria (inclusa manutenzione e riparazione) in edifici o in altre opere di costruzione;
– 43.22.02 – Installazione di impianti per la distribuzione del gas (inclusa manutenzione e riparazione);
– 43.22.03 – Installazione di impianti di spegnimento antincendio (inclusi quelli integrati e la manutenzione e riparazione);
– 43.29.01 – Installazione, riparazione e manutenzione di ascensori e scale mobili;
– 43.29.02 – Lavori di isolamento termico, acustico o antivibrazioni;
– 43.29.09 – Altri lavori di costruzione e installazione n.c.a. (limitatamente alle prestazioni riferite ad edifici).
Il reverse charge non dovrebbe essere applicabile alle prestazioni riconducibili ai seguenti codici attività:
– 43.21.03 Installazione impianti di illuminazione stradale e dispositivi elettrici di segnalazione, illuminazione di piste degli aeroporti;
– 43.22.04 Installazione di impianti di depurazione per piscine (inclusa manutenzione e riparazione). Non si ritiene che la piscina possa essere considerata un edificio o parte di esso;
– 43.22.05 Installazione di impianti di irrigazione per giardini (inclusa manutenzione e riparazione). Non si ritiene che il giardino possa essere considerato un edificio o parte di esso.
– Nelle fattispecie in cui gli impianti siano posizionati in parte internamente ed in parte esternamente all’edificio, in una logica di semplificazione, si ritiene che occorra valorizzare l’unicità dell’impianto che complessivamente serve l’edificio, anche se alcune parti di esso sono posizionate all’esterno dello stesso per necessità tecniche o logistiche.
ESCLUSIONE DEI LAVORI PREPARAZIONE DEL CANTIERE: la C.M. 14/E/2015 ha chiarito che sono esclusi dal meccanismo dell’inversione contabile le prestazioni di servizi relative alla preparazione del cantiere di cui al codice ATECO 2007 – 43.12, in quanto le stesse non sono riferibili alla fase del completamento, bensì a quella propedeutica della costruzione.
INCLUSIONE DELLE MANUTENZIONI E RIPARAZIONI: uno dei chiarimenti che la Circolare 14/E/2015 non ha fornito in modo esplicito, è quello relativo alla rilevanza delle prestazioni di manutenzione e riparazione afferenti impianti relativi ad edifici. Sul punto vi sono due tesi:
– quella di chi valorizza il dato letterale della norma, che non menziona espressamente le attività di manutenzione e riparazione, e ritiene quindi che le prestazioni in questione debbano essere fatturate normalmente;
– vi è invece chi ritiene debba essere data prevalenza, anche in questo caso, al contenuto della Tabella Ateco e quindi includendo anche manutenzioni e riparazioni.
La Circolare 14/E/2015 chiarisce che per l’individuazione delle prestazioni in reverse charge, in una logica di semplificazione e allo scopo di evitare incertezze interpretative, e in conformità ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, deve farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici. In considerazione del fatto che i codici attività Ateco 43.2, dedicati all’installazione di impianti relativi ad edifici, includono anche le attività di manutenzione e riparazione, pare di potersi ritenere quindi che l’Agenzia abbia indicato come corretta la seconda tesi, con conseguente necessità di assoggettare le stesse a Reverse charge.
SERVIZI di PULIZIA EDIFICI (art. 17, co. 6, lett. a-ter), D.P.R. 633/1972): fino al 31 dicembre 2014, le prestazioni di pulizia negli edifici erano escluse dall’inversione contabile: nella circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006, l’Agenzia delle entrate aveva espressamente chiarito che tale attività non rientrava nella sezione F della Tabella ATECO 2007 (costruzioni), ai cui codici attività erano riconducibili i settori obbligati all’applicazione del reverse charge in presenza di subappalto, ai sensi della previgente lettera a), dell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/72. Di conseguenza, su tali prestazioni l’IVA era applicata con le modalità ordinarie (esposta in fattura ed assolta dal prestatore).
Dal 1° gennaio 2015, la lettera a-ter), dell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/72, prevede l’applicazione del meccanismo del reverse charge alle prestazioni di servizi di pulizia degli edifici (come sopra definiti: in sostanza, uffici, appartamenti, fabbriche, negozi, etc. o parti di essi).
Deve trattarsi di prestazioni rese nei confronti di un committente soggetto passivo IVA, per effetto delle condizioni richieste dal comma 5 dello stesso articolo 17, del D.P.R. n. 633/72: di conseguenza, sulle prestazioni di pulizia rese nei confronti di un condominio o di privati, l’IVA continua ad essere applicata con le modalità ordinarie.
In pratica, per l’individuazione delle prestazioni di pulizia si potrebbe far riferimento (come affermato nella Relazione Tecnica al provvedimento) al gruppo 81.2 dell’ATECO 2007 ad esclusione di quelle di pulizia di beni diversi da edifici (esempio: treni, autobus, cisterne, macchinari industriali, ecc).
Qualche dubbio sussiste sull’inclusione dell’attività di disinfestazione, denominata in modo distinto nella Tabella ATECO rispetto alla pulizia, ma comunque rientrante nel gruppo 81.2 menzionato dalla citata Relazione Tecnica. Di conseguenza, si può ritenere che per tale attività effettuata su edifici, contraddistinta dal codice 81.29.10, l’IVA sia applicabile con il meccanismo del reverse charge. In merito, è stato richiesto un pronunciamento ufficiale da parte dell’Agenzia delle entrate.
Elenco delle attività soggette a reverse charge, in base al codice ATECO 2007 riguardanti pulizie di edifici:
– 81.21.00 – Pulizia generale (non specializzata) di edifici;
– 81.22.02 – Altre attività di pulizia specializzata di edifici e di impianti e macchinari industriali (escluse le attività di pulizia di impianti e macchinari);
– 81.29.10 – Servizi di disinfestazione (limitatamente alle prestazioni riferite agli edifici).
Il reverse charge non dovrebbe essere applicabile alle prestazioni riconducibili ai seguenti codici attività:
– 81.22.01 – Attività di sterilizzazione di attrezzature medico sanitarie;
– 81.29.91 – Pulizia e lavaggio di aree pubbliche, rimozione di neve e ghiaccio;
– 81.29.99 – Altre attività di pulizia nca (pulizia e manutenzione di piscine, treni, cisterne, ecc).
Demolizione edifici. Dal 1° gennaio 2015, i soggetti con attività riconducibile ai codici attività rientranti nel gruppo 43.1 ATECO 2007, fatturano in reverse charge in tutti i casi in cui effettuano la prestazione su edifici nei confronti di un soggetto passivo IVA, a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega il prestatore al committente (appalto, subappalto, contratto d’opera).
Elenco delle attività soggette a reverse charge, in base al codice ATECO 2007 riguardanti prestazione di demolizione in edifici:
– 43.11.00 Demolizione o smantellamento di edifici e di altre strutture (con esclusione della demolizione di altre strutture diverse dagli edifici).
Il reverse charge non dovrebbe essere applicabile alle prestazioni riconducibili ai seguenti codici attività:
– 43.12.00 – Preparazione del cantiere edile e sistemazione del terreno;
– 43.13.00 – Trivellazioni e perforazioni.
Completamento di edifici. Tale attività è individuabile nel codice 43.3 Tabella ATECO 2007: si tratta delle attività consistenti in intonacatura, posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili, rivestimento di pavimenti e muri, tinteggiatura e posa in opera di vetri, altre attività di completamento non specializzate (muratori). Per le operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015, l’IVA è assolta in reverse charge a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega il prestatore al committente (appalto, subappalto, contratto d’opera).
Elenco delle attività soggette a reverse charge, in base al codice ATECO 2007 riguardanti prestazione di completamento di edifici:
– 43.31.00 – Intonacatura e stuccatura;
– 43.32.01 – Posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate; 43.32.02 Posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili;
– 43.33.00 – Rivestimento di pavimenti e di muri;
– 43.34.00 – Tinteggiatura e posa in opera di vetri;
– 43.39.01 – Attività non specializzate di lavori edili – muratori (limitatamente alle prestazioni afferenti gli edifici);
– 43.39.09 – Altri lavori di completamento e di finitura degli edifici n.c.a.
Ulteriori considerazioni. E’ importante sottolineare che, in considerazione del fatto che la lettera a) del citato articolo 17 ora si riferisce alle prestazioni di servizi diverse da quelle di installazione di impianti, demolizione e completamento, il reverse charge continua ad applicarsi solo alle ipotesi di subappalto relativamente alle altre attività (diverse da quelle di installazione di impianti, demolizione e completamento) rientranti nel settore F.
In particolare, continua ad applicarsi il meccanismo del reverse charge solo in presenza di sub-appalto reso nei confronti di un appaltatore (soggetto passivo IVA) operante nel settore edile, alle attività contraddistinte dai codici riconducibili ai seguenti gruppi:
– attività di costruzione degli edifici (gruppo 41.2, sezione F);
– costruzioni di strade e ferrovie (gruppo 42.1, sezione F);
– costruzione di opere di pubblica utilità (gruppo 42.2, sezione F);
– costruzioni di altre opere di ingegneria civile (gruppo 42.9, sezione F);
– altri lavori specializzati di costruzione (gruppo 43.9, sezione F): si tratta (codici ATECO 2007: 43.91.00, 43.99.01, 43.99.02. 43.99.09), ad esempio, della realizzazione dei lavori di copertura (costruzione di tetti, copertura di tetti, installazione di grondaie e pluviali, lavori di impermeabilizzazione, lavori di fondazione, di isolamento, montaggio e smontaggio di ponteggi, etc).
Può quindi accadere che un’impresa edile che effettua una prestazione di servizi nei confronti di un committente soggetto passivo IVA (quindi, in base ad un contratto di appalto), si trovi ad applicare il meccanismo del reverse charge solo relativamente ad alcune tipologie di prestazioni (ad esempio, installazione di impianto elettrico). Se, nel medesimo contratto è prevista anche l’esecuzione di un lavoro di copertura del tetto, tale prestazione (riconducibile al gruppo 43.9) deve essere fatturata con le modalità ordinarie, non sussistendo un rapporto di subappalto tra le parti. Da ciò consegue la necessità di compilare la fattura con modalità differenziate (reverse charge o modalità ordinaria) relativamente alle diverse prestazioni effettuate.
Implicazioni con alcuni regimi speciali. Il regime dell’IVA per cassa, previsto dall’articolo 32-bis del D.L. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, prevede il differimento dell’esigibilità dell’IVA sia in riferimento alle operazioni attive che passive per coloro che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi imponibili nello Stato nei confronti di altri soggetti passivi IVA e che, avendo realizzato nell’anno precedente un volume di affari non superiore a 2 milioni di euro, hanno esercitato apposita opzione.
Nella circolare n. 44/E del 26 novembre 2012, al par. 5, è precisato che il regime di IVA per cassa non è applicabile in relazione alle operazioni per le quali l’IVA è applicata con regole peculiari, tra le quali rientrano le operazioni effettuate nei confronti di cessionari/committenti che assolvono l’IVA con il reverse charge. Nel caso di soggetti che abbiano optato per l’IVA per cassa e che, dal 1° gennaio 2015, pongono in essere operazioni che rientrano nel reverse charge, si ritiene che: l’opzione precedentemente espressa per il regime dell’IVA per cassa non abbia più validità, con la conseguenza che il regime medesimo cessa di avere applicazione; conseguentemente, si ritiene, mutuando i principi contenuti nel comma 2 dell’art. 7 del D.M. 11 ottobre 2012 attuativo del regime dell’IVA per cassa, che l’IVA sospesa – relativa ad operazioni effettuate ma non ancora incassate – debba essere computata a debito nell’ultima liquidazione relativa al periodo in cui è applicato il regime dell”IVA per cassa. A partire dalla medesima liquidazione può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta non ancora detratta relativa agli acquisti effettuati e non ancora pagati.
DEFINIZIONE di EDIFICIO: la C.M. 14/E/2015 ha fornito una migliore definizione del concetto di “edificio”. In particolare in base ai disposti di normativa (art. 2, D.L. 192/2005) e prassi (R.M. 46/E/1998 e Circolare Ministero lavori pubblici b. 1820/1960), ritiene che la norma si applichi ai soli fabbricati e parti di essi (abitativi e strumentali, di nuova costruzione o in corso di costruzione), e non alla categoria più generica di “immobili”, escludendo quindi terreni, parcheggi, piscine e giardini salvo il caso in cui costituiscano elementi integranti di edifici (es. impianti fotovoltaici collocati sui tetti, giardini pensili, piscine poste su terrazzi). La disposizione deve intendersi riferita sia ai fabbricati ad uso abitativo che a quelli strumentali, ivi compresi quelli di nuova costruzione, nonché alle parti di essi (ad esempio, singolo locale di un edificio). Devono ricomprendersi inoltre, nell’ambito applicativo della norma in commento anche gli edifici in corso di costruzione rientranti nella categoria catastale F3 e le “unità in corso di definizione” rientranti nella categoria catastale F4.
SERVIZI MISTI: la C.M. 14/E/2015 ha evidenziato, che in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge. Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria.
In tale ipotesi, pertanto, le singole prestazioni soggette a reverse charge dovranno essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo dell’inversione contabile. Si pensi, ad esempio, ad un contratto che preveda l’installazione di impianti, unitamente allo svolgimento di altre generiche prestazioni di servizi non rientranti nel meccanismo dell’inversione contabile. In tal caso, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni oggetto del contratto, distinguendo le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge (nell’esempio, il servizio di installazione di impianti) da quelle assoggettabili ad IVA secondo le regole ordinarie.
DECORRENZA E DURATA DELL’APPLICAZIONE DEL MECCANISMO AI NUOVI SETTORI: i settori di nuova introduzione applicano il reverse charge alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015, secondo le regole previste nell’articolo 6, del D.P.R. n. 633/72 (per le prestazioni di servizi: il momento del pagamento del corrispettivo o, se anteriore, quello della fatturazione; per le cessioni di beni mobili: il momento della consegna o spedizione o, se anteriore, quello della fatturazione).
Fanno eccezione, come previsto dall’articolo 1, comma 632, legge di stabilità per il 2015, le cessioni di beni effettuate nei confronti della grande distribuzione, per le quali occorre attendere il rilascio di una specifica autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea.
Inoltre, l’applicazione del reverse charge è prevista con una durata limitata a un periodo di quattro anni (quindi, fino al 2018) per le cessioni e prestazioni relative al settore energetico e per le cessioni alla grande distribuzione.
REVERSE CHARGE e PELLET: per effetto dell’articolo 1, comma 629, lettera d), legge n. 190/2014, che ha modificato l’articolo 74, comma 7, del D.P.R. n. 633/72, l’IVA è applicata dal cessionario, soggetto passivo d’imposta, alle cessioni di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivo al primo. Si ritiene che, ai fini dell’applicazione del reverse charge alle cessioni di bancali in legno, l’unica condizione richiesta è che “siano recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo”: è sufficiente, quindi, che il pallet non sia “nuovo”. La C.M. 14/E/2015 ha chiarito che non è necessario che i Pellet siano inutilizzabili rispetto alla loro originaria destinazione, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione del reverse, che la cessione riguardi un qualsiasi ciclo di utilizzo successivo alla prima immissione in commercio del pallet nuovo.
APPALTO, PRESTAZIONE d’OPERA e CESSIONE di BENI con POSA in OPERA: la C.M. 37/E/2006 richiede per l’applicazione del reverse charge che la prestazione sia riconducibile nell’ambito di un contratto d’appalto o di prestazione d’opera, mentre sono esclusi (con conseguente applicazione dell’Iva nei modi ordinari) i rapporti riconducibili alla cessione di beni con posa in opera, in quanto il servizio della posa in opera assume funzioni accessorie rispetto alla cessione del bene, che costituisce l’oggetto del contratto.
Sull’esclusione dell’applicazione del reverse charge ai rapporti riconducibili alla cessione di beni con posa in opera tale servizio assume funzioni accessorie rispetto alla cessione del bene si sono espresse anche le risoluzioni n. 148/E del 28.7.2007, n. 164/E dell’ 11.07.2007 e n. 172/E del 13.07.2007, esprimendo medesimo parere rispetto alla C.M. 37/E/2006.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, nella C.M. 37/E/2006 citata non ha fornito particolari delucidazioni, limitandosi a ricordare che il contratto d’appalto e la prestazione d’opera, entrambi riconducibili nel novero delle prestazioni di servizi, hanno in comune alcuni elementi e presentano delle differenze in altri aspetti. In particolare: in entrambe le tipologie contrattuali il prestatore assume un’obbligazione di risultato, non assume alcun vincolo di subordinazione e assume direttamente il rischio derivante dall’esecuzione della prestazione; la principale differenza consiste nel requisito dell’organizzazione: infatti, nell’appalto l’esecutore si avvale di una struttura organizzativa normalmente articolata, mentre nel contratto d’opera prevale l’apporto lavorativo diretto del prestatore.
Nella realtà quotidiana ed operativa, è tutt’altro che agevole distinguere se una determinata operazione possa rientrare nello schema dell’appalto, o della prestazione d’opera, ovvero in quello della cessione dei beni con posa in opera, soprattutto considerando che non sempre (anzi, quasi mai) le parti stipulano accordi in forma scritta per regolare i reciproci obblighi e diritti. Un aiuto per la soluzione del problema può essere ricercato nella prassi dell’Amministrazione finanziaria e nella giurisprudenza di legittimità ed in quella della Corte di giustizia Ue.
Per quanto riguarda la giurisprudenza di legittimità, si segnalano le seguenti pronunce della Cassazione:
– sentenza 28.10.1958, n. 3517: è stato evidenziato che “oggetto del contratto di appalto è il risultato di un facere (anche se comprensivo di un dare) che può concretarsi così sia nel compimento di un’opera che di un servizio che l’appaltatore assume verso il committente, dietro corrispettivo (…) mentre oggetto del contratto di vendita può consistere sia in un “dare” che in una obbligazione di “dare” e di “fare“”;
– sentenza 17.4.1970, n. 1114: si sottolinea che “deve desumersi dalle clausole contrattuali se la volontà delle parti ha voluto dare maggior rilievo al trasferimento di un bene o al processo produttivo di esso“.
Per quanto riguarda invece la prassi dell’Amministrazione finanziaria, è interessante riprendere il contenuto della R.M. 5.7.1976, n. 360009, in cui è stato precisato che: “sono sempre da considerarsi contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura, ed eventualmente anche la posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d’aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti, ecc., qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e materiali sopra menzionati“; “tuttavia, nel caso particolare che le clausole contrattuali obbligassero l’assuntore degli indicati lavori a realizzare un quid novirispetto alla normale serie produttiva, deve ritenersi prevalente l’obbligazione di facere, in quanto si configurano gli elementi peculiari del contratto di appalto e, precisamente, l’intuitus personaee l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore“.
Con la circolare n.14/E/2015 è stato precisato che in presenza di un unico contratto di appalto, comprensivo di una pluralità di servizi, in parte soggette al regime dell’inversione contabile di cui alla lett. a-ter) dell’art. 17, sesto comma, DPR 633/1972 e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si deve procedere alla scomposizione delle operazioni individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge.
ANALISI di ALCUNI CHIARIMENTI dell’AGENZIA delle ENTRATE: di seguito si propone un’analisi, non esaustiva, delle singole risoluzioni emanate in risposta ad istanze di interpello presentate dai contribuenti.
R.M. 28.6.2007, n. 148/E: affronta il caso di una società che svolge attività di “fornitura di armature in acciaio per cemento armato, pre-sagomate o pre-assemblate”, il cui codice di attività è 45.25.0 – “altri lavori di costruzione”, rientrante nel gruppo “F” e quindi interessato dall’applicazione del reverse charge. Con i propri clienti, tale società stipula dei contratti di fornitura con posa in opera, definiti come contratti di vendita con prestazione accessoria della posa in opera, e quindi non rientranti nell’alveo dei contratti d’opera o d’appalto, in quanto non prevedono un’obbligazione di risultato. Per quanto riguarda la posa in opera, la società istante precisa quanto segue:
– l’attività può essere svolta direttamente dalla società, avvalendosi di proprio personale dipendente;
– l’attività, in alternativa, può essere svolta da aziende terze artigiane, le quali sono inquadrate ne codice attività 45.25.0 (altri lavori speciali di costruzione).
La soluzione proposta dalla società istante è la seguente:
– nei confronti delle imprese di costruzione, viene emessa una fattura con applicazione dell’Iva nei modi ordinari, in quanto il rapporto contrattuale instaurato è di vendita con prestazione accessoria di posa in opera;
– nei confronti delle imprese artigiane terze, che forniscono il servizio di posa in opera, la società riceve fatture con applicazione dell’Iva nei modi ordinari, in quanto tal imprese operano, nei confronti della società istante, in relazione ad un contratto di vendita e non di appalto. In altre parole, tra l’impresa terza e la società istante si configura non un subappalto, bensì un appalto, posto che il rapporto “a monte” è di vendita e non di appalto.
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ripercorso brevemente la genesi normativa del reverse charge, ed aver richiamato i precedenti chiarimenti, sposando le conclusioni della società istante sopra riportate, sottolinea che l’applicazione dell’inversione contabile dipende dalla tipologia di contratto esistente tra le parti, il quale deve rientrare necessariamente tra le prestazioni di servizi e non tra le cessione di beni.
Occorre pertanto far riferimento alla volontà contrattualmente prevista dalle parti per stabilire se sia prevalente l’obbligazione di dare, tipica delle vendite, ovvero quella di facere, tipica dei servizi, tra cui rientrano i contratti d’opera e d’appalto. Tale indagine, evidenzia l’Agenzia, “si rende necessaria anche nelle ipotesi in cui i codici che identificano le attività delle imprese contraenti appartengano alla sezione F” della tabella Atecofin.
Se la conclusione dell’Amministrazione finanziaria appare corretta dal punto di vista giuridico, non v’è dubbio però che dal punto di vista operativo e pratico, la tesi prospettata rende complicata la gestione dei rapporti contrattuali, in quanto sarà di fatto opportuno, se non necessario, stipulare i contratti sempre in forma scritta, al fine di evidenziare se nella particolare fattispecie prevalga la vendita del bene ovvero la prestazione di un servizio.
R.M. 5.7.2007, n. 154/E: riguarda il caso di un’impresa subappaltatrice che effettua l’installazione di impianti idraulico-sanitari, con codice attività 45.33.0, compreso nella sezione F. Tra le varie attività che l’impresa svolge, vi è anche la mera manutenzione degli impianti. L’Agenzia delle Entrate dopo aver ripercorso anche in questo caso la nascita e lo sviluppo della norma in tema di reverse charge in edilizia, precisa che così come l’attività di installazione di impianti idraulico-sanitari, anche l’attività di mera manutenzione ricadono entrambe nell’ambito delle “costruzioni”, e quindi all’obbligo di inversione contabile laddove chiaramente sussistano anche gli altri requisiti previsti dalla norma. Per quanto riguarda nello specifico la manutenzione, infatti, tale attività deve essere inquadrata come una prestazione di riparazione e, come tale, inerente alla costruzione.
R.M. 5.7.2007, n. 155/E: si occupa della corretta qualificazione giuridica del rapporto che si instaura tra l’Anas e la società Alfa, denominata general contractor, per la costruzione di una tratta autostradale. Tale ultima società, dal canto suo, affida una parte dei lavori a ditte terze, le quali acquisiscono la qualifica di soggetti affidatari. L’Agenzia delle Entrate, dopo aver analizzato la normativa sui contratti pubblici, conclude disponendo che il rapporto contrattuale che si viene ad instaurare tra il general contractor e l’Anas è un contratto d’appalto, con la conseguenza che il conseguente rapporto tra lo stesso general contractor e le ditte terze affidatarie si qualifica come subappalto. Per tale ultimo rapporto, quindi, si rende applicabile l’inversione contabile di cui all’art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972.
R.M. 11.7.2007, n. 164/E: si riferisce ad una ditta individuale che esercita l’attività di installazione e manutenzione di impianti di allarme. Tale attività viene svolta con due modalità:
– per conto di una società che a sua volta svolge attività di installazione;
– per contro di una società produttrice di impianti di allarme che li cede direttamente al cliente finale.
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ribadito, richiamando la C.M. 11/E/2007, che il sistema dell’inversione contabile si applica laddove il rapporto contrattuale che lega appaltatore e subappaltatore sia riconducibile ad una delle attività comprese nella sezione F della tabella AtecofiN, ha precisato che la prima delle due attività sopra evidenziate ricade nell’ambito di applicazione del reverse charge in quanto l’attività (subappalto) è svolta per conto di una società che svolge attività di installazione e che a sua volta ha ottenuto l’incarico dal cliente finale (appalto). Nel secondo caso, invece, è necessario verificare il rapporto giuridico che lega il produttore ed il cliente finale, atteso che se tale rapporto consiste in una cessione di beni, con posa in opera, allora il conseguente rapporto tra la società produttrice stessa e la società che esegue l’installazione configura un appalto, con conseguente applicazione dell’Iva nei modi ordinari.
R.M. 13.7.2007, n. 172/E: affronta il caso di una società che pone in essere contratti diversamente denominati tra loro e con diversi soggetti coinvolti. Gli aspetti interessanti della risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate sono essenzialmente tre:
– il primo riferito all’attività svolta: infatti, ciò che rileva è che l’attività effettivamente svolta rientri oggettivamente in quelle rientranti nel gruppo “F” dei codici attività Atecofin, a prescindere dal codice attività effettivamente comunicato all’Agenzia delle Entrate;
– il secondo riferito alla qualificazione giuridica dei rapporti contrattuali stipulati tra le parti: infatti, l’Agenzia ribadisce ancora una volta che è necessario attribuire rilevanza non già alla denominazione attribuita dalle parti al contratto, bensì agli effetti prodotti dal contratto stesso in base alle comuni intenzioni delle parti;
– il terzo, infine, riferito alle Ati (associazioni temporanee d’impresa), le quali devono essere considerate trasparenti ai fini Iva, con la conseguenza che le imprese consorziate possono fatturare direttamente all’appaltatore o subappaltatore con il meccanismo dell’inversione contabile.
– R.M. 26.7.2007, n. 187/E: l’istanza riguarda un’impresa che svolge l’attività di installazione di ponteggi, ovvero di noleggio degli stessi,anche se accompagnato dall’installazione stessa. Come più volte ribadito, l’Agenzia ricorda che il regime dell’inversione contabile si applica alle prestazioni di servizi che si configurano come contratti d’appalto o d’opera, e non in presenza di cessioni di beni con posa in opera.
Nella fattispecie in esame, in base a quanto documentato nell’istanza di interpello, poiché la prestazione è inquadrabile nella fattispecie del noleggio, con conseguente accessorietà della posa in opera, non si rende applicabile il meccanismo dell’inversione contabile. Tale meccanismo, invece, può trovare applicazione per i contratti relativi all’installazione di ponteggi per conto terzi.
R.M. 3.8.2007, n. 205/E: il quesito riguarda un consorzio di imprese, operante prevalentemente nel settore edile, che esegue scavi, sbancamenti, trasporto di terra, sabbia ed altri materiali, per conto terzi. Il contratto utilizzato per realizzare le prestazioni indicate nell’istanza è un contratto di noleggio di mezzi di trasporto e d’opera (camion, escavatore, ecc.), con relativo manovratore (cd. “nolo a caldo”).
Preliminarmente, l’Agenzia delle Entrate osserva che esistono due differenti tipologie contrattuali di noleggio:
– “a freddo”, in cui la prestazione è limitata alla messa a disposizione dei mezzi e non dell’operatore. In tal caso, la prestazione è esclusa dal regime dell’inversione contabile, in quanto non riconducibile al settore edile di cui alla sezione F della tabella Atecofin;
– “a caldo”, in cui oltre alla messa a disposizione dei mezzi, viene messa a disposizione anche la prestazione del manovratore. In tal caso, l’attività è riconducibile al settore edile, ed in particolare ai codici attività 45.25.0 (altri lavori di costruzione) e 45.50.0 (noleggio di macchine e attrezzature per lavori edili, con operatore).
Una volta verificato che il contratto sia riconducibile al settore edile, trattandosi di “nolo a caldo”, è poi necessario verificare l’ulteriore condizione, ossia la presenza di un (sub)appalto. Discrimine in tal senso, afferma l’Agenzia, è la modalità di esecuzione del servizio. In particolare, se il prestatore si limita ad eseguire il servizio secondo le mere direttive del committente, viene a mancare l’autonomia organizzativa tipica del contratto d’appalto, con conseguente inapplicabilità dell’inversione contabile. Al contrario, laddove l’oggetto del contratto sia più complesso, e comprenda anche lavori di sbancamento, sistemazione di terreni, demolizione di edifici e simili, ciò che rileva non è il mero noleggio, bensì una prestazione più complessa, in cui il prestatore, grazie alla sua autonomia organizzativa, svolge un’attività qualificabile nell’ambito di un contratto d’appalto e non un mero noleggio. Pertanto, conclude l’Agenzia, solamente verificandosi tali requisiti, la prestazione è soggetta al regime Iva dell’inversione contabile.
R.M. 10.8.2007, n. 220/E: la Risoluzione in oggetto riguarda una società che svolge come attività principale il commercio di materiali plastici per l’edilizia, contraddistinta dal codice attività 51.90.0 della Tabella Atecofin, nonché come attività secondaria il rivestimento di pavimenti e muri, identificata con il codice 45.43.0. Tale società ha stipulato un contratto per la fornitura e posa in opera di controsoffitti e pareti di cartongesso nei confronti di un’impresa affidataria dei lavori per la ristrutturazione di locali facenti parte di un complesso ospedaliero.
Posto che il servizio rientra nel settore edile (codice 45.43.0), anche tale quesito, come altri visti in precedenza, si incentra sulla corretta qualificazione del contratto posto in essere tra la società istante e l’impresa affidataria, in quanto deve essere chiarito se si tratti di prestazione di servizi (appalto o prestazione d’opera), ovvero di una cessione di beni con posa in opera.
La distinzione tra le due tipologie contrattuali, si ribadisce, dipende dalla causa sottostante, rintracciabile dal complesso delle pattuizioni negoziali e dalla natura delle obbligazioni assunte dalle parti. Pertanto, si possono distinguere due casi:
– lo scopo principale del contratto è la cessione del bene, e l’esecuzione della prestazione è meramente accessoria, in quanto diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente senza modificarne la natura: in tal caso, si applica l’Iva nei modi ordinari;
– la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso di beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera: in tal caso, la prestazione è riconducibile ad un contratto d’appalto, e quindi assoggettata, in presenza degli altri requisiti, al regime dell’inversione contabile.
Nella fattispecie esaminata, conclude l’Agenzia, prevale tale seconda impostazione, e agendo l’impresa in forza di un contratto di subappalto, deve emettere fattura senza applicazione dell’Iva ex art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972.
R.M. 11.9.2007, n. 243/E: una società cooperativa che svolge attività di “lavori di completamento degli edifici quali tinteggiatura e stuccatura anche su condomini abitativi”, nonché “lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti su fabbricati a prevalente destinazione abitativa”, assume dei lavori da ditte committente e li affida per la maggior parte ad imprese artigiane socie della cooperativa stessa.
Si chiede di conoscere se nel rapporto con i propri soci si renda applicabile l’art. 17, co. 6, del D.P.R. 633/1972, in quanto prestazione resa nel settore edile in base ad un contratto di subappalto tra cooperativa e soci affidatari.
L’Agenzia delle Entrate, richiamando il contenuto della C.M. 4.4.2007, n. 19/E, pur riguardante il rapporto tra un consorzio e le imprese consorziate, precisa che le prestazioni rese dai soci alla cooperativa sono riconducibili nell’ambito di un mandato senza rappresentanza, con la conseguenza che tra il socio esecutore dei lavori e la cooperativa sussiste lo stesso rapporto esistente tra committente e cooperativa. Pertanto, solo laddove la cooperativa già agisca nell’ambito di un subappalto, si rende applicabile l’inversione contabile nei rapporti interni tra soci e cooperativa stessa. Al contrario, ossia qualora la cooperativa agisca in qualità di appaltatrice, anche il rapporto tra cooperativa e soci affidatari è della medesima natura, con conseguente applicazione dell’Iva nei modi ordinari.
RR.MM. 16.6.2008, n. 246/E e 20.6.2008 e 255/E: l’analisi finalizzata a distinguere una cessione di beni (con posa in opera) rispetto ad una prestazione di servizi (contratto d’appalto o d’opera) è determinante anche per l’influenza che tale analisi ha nel rapporto “a valle”. Infatti, affinché si realizzi un rapporto di subappalto, è necessario che prima di tutto sussista “a monte” un contratto d’appalto, il che significa che se tale ultimo rapporto è configurabile come una cessione di beni, con posa in opera, il contratto che poi il cedente instaura con l’altro soggetto (ad esempio chi esegue solamente la posa in opera) è certamente una prestazione di servizi, ma inquadrabile in un contratto di appalto (e non di subappalto).
Ed in tale ottica, le recenti R.M. nn. 246/E e 255/E confermano tale impostazione, precisando che qualora un soggetto proceda ad una cessione di beni con posa in opera dei beni, l’eventuale affidamento della sola posa in opera ad un soggetto terzo deve essere assoggettata ad Iva nei modi ordinari, in quanto tale ultimo rapporto si configura come appalto, essendo il rapporto a monte una cessione di beni e non una prestazione di servizi. La circolare 14/E del 2015 ha confermato che devono ritenersi escluse dal reverse charge le forniture di beni con posa in opera in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi poiché la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene. L’Agenzia delle Entrate ha poi precisato che la distinzione fra cessione con posa in opera e prestazioni di servizi dipende dalla causa contrattuale, rintracciabile dal complesso delle pattuizioni negoziali e dalla natura delle obbligazioni dedotte dalle parti.
Il caso tipico di tale schema contrattuale è quello che si realizza laddove:
- l’impresa edile si rivolge al commerciante o al produttore per l’acquisto di determinati beni (cessione di beni con posa in opera), soggetto ad Iva nei modi ordinari
- il commerciante, o produttore, affida la posa in opera del materiale ad un soggetto terzo (posatore o installatore), con il quale si instaura un rapporto d’appalto. Anche tale rapporto deve essere assoggettato ad Iva nei modi ordinari, in quanto non sussista alcun subappalto.
L’impostazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, come detto, trova conferma anche in altre precedenti pronunce. In particolare, nella R.M. 148/E/2007 si affronta il caso di una società che svolge attività di “fornitura di armature in acciaio per cemento armato, pre-sagomate o pre-assemblate”, il cui codice di attività è 45.25.0 (3) (altri lavori di costruzione), rientrante nel gruppo “F” e quindi interessato dall’applicazione del reverse charge. Con i propri clienti, tale società stipula dei contratti di fornitura con posa in opera, definiti come contratti di vendita con prestazione accessoria della posa in opera, e quindi non rientranti nell’alveo dei contratti d’opera o d’appalto, in quanto non prevedono un’obbligazione di risultato. Per quanto riguarda la posa in opera, la società istante precisa che l’attività può essere svolta direttamente dalla società, avvalendosi di proprio personale dipendente, ovvero da aziende terze artigiane, le quali sono inquadrate ne codice attività 45.25.0 (altri lavori speciali di costruzione). La soluzione proposta dalla società istante, e condivisa dall’Agenzia, è la seguente: nei confronti delle imprese di costruzione, viene emessa una fattura con applicazione dell’Iva nei modi ordinari, in quanto il rapporto contrattuale instaurato è di vendita con prestazione accessoria di posa in opera; nei confronti delle imprese artigiane terze, che forniscono il servizio di posa in opera, la società riceve fatture con applicazione dell’Iva nei modi ordinari, in quanto tal imprese operano, nei confronti della società istante, in relazione ad un contratto di vendita e non di appalto. In altre parole, tra l’impresa terza e la società istante si configura non un subappalto, bensì un appalto, posto che il rapporto “a monte” è di vendita e non di appalto.
PRODUZIONE di MUNUFATTI in LEGNO: nella R.M. 9.4.2009, n. 954-56676/2009 l’Agenzia risponde ad un’associazione di categoria (Federlegno), le cui aziende associate svolgono attività consistenti nella produzione di manufatti in legno utilizzati per la realizzazione di coperture o di altre parti strutturali di immobili (ad esempio, ponti e cavalcavia), in fase di costruzione o ristrutturazione. Nella fattispecie:
– il cedente/prestatore è un’impresa del settore industriale della trasformazione del legno, che svolge anche altre attività di produzione, in serie o su commessa, di manufatti del medesimo materiale;
– il committente/cliente è sempre costituito da un’impresa di costruzioni (codice attività del gruppo “F” della tabella Ateco 2004), che utilizza i beni presso un cantiere edile in cui opera come appaltatore o subappaltatore.
Le operazioni intercorse tra i suddetti soggetti, come evidenziato nella citata prassi, sono le seguenti:
– primo caso: l’impresa operante nel settore del legno si limita realizzare prodotti dal semplice taglio del legno, vendendoli direttamente alle imprese edili, le quali a loro volta li trasformano o utilizzano nei propri cantieri. In tal caso, precisa l’Agenzia, non sussistono i requisiti per l’applicazione del reverse charge, in quanto l’operazione descritta costituisce una semplice cessione di beni prodotti in serie per la vendita;
– secondo caso: l’impresa operante nel settore del legno riceve in appalto dall’impresa edile la realizzazione di prodotti derivanti dalla trasformazione del legno grezzo, previo progetto. Il bene è realizzato sotto forma di “kit pretagliato”, già pronto per l’installazione, la quale viene curata dal committente stesso o da altre imprese per conto dell’impresa edile stessa. Anche in tale ipotesi, secondo l’Agenzia, non si realizzano i presupposti per l’applicazione del regime di inversione contabile, in quanto l’operazione è inquadrabile tra le cessioni di beni;
– terzo caso: l’operazione è strutturata come nel caso precedente, con la sola variante che l’impresa operante nel settore del legno, oltre a realizzare il progetto, procede anche alla completa installazione presso il cantiere del committente, tramite propri dipendenti o artigiani terzi. In tale ipotesi, secondo l’Agenzia, occorre verificare “se l’attività descritta sia diversa e specialistica rispetto al semplice montaggio o installazione dei beni prodotti e se si configuri come autonoma rispetto a quella di produzione e vendita degli stessi“. In particolare, prosegue l’Agenzia, “se la volontà contrattuale è quella di conseguire un risultato diverso rispetto alla semplice installazione dei beni, in modo da realizzare un manufatto nuovo rispetto al complesso dei beni prodotti, la prestazione di installazione e montaggio si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato“. In tal caso, pertanto, alla prestazione resa si rende applicabile il regime dell’inversione contabile, di cui all’art. 17, co. 6, lett. a), D.P.R. 633/1972.
PRESTAZIONI di INSTALLAZIONE e di MANUTENZIONE: la R.M. 16.6.2008, n. 245/E, affronta il caso di un’impresa che svolge le seguenti attività:
– installazione e manutenzione di un impianto antincendio di un immobile;
– installazione e manutenzione di un impianto antincendio relativo ad altre strutture, quali ad esempio, piattaforme marine, impianti industriali, navi, ecc.;
– manutenzione di estintori ed altra attrezzatura antincendio (manichette e maschere di protezione).
Di fronte a tali attività, si è chiesto di sapere se le stesse siano riconducibili al settore edile, nel qual caso, se eseguite in base ad un contratto di subappalto, debbano essere soggette al regime del reverse charge.
L’Agenzia delle Entrate, nella citata R.M. 245/E/2008, precisa quanto segue:
- le prestazioni di manutenzione ed installazione di impianti antincendio sono riconducibilioggettivamente tra quelle del settore edile, anche laddove si sostanzino in una mera manutenzione di impianti già esistenti (posizione che conferma quanto già espresso nelle precedenti R.M. 154/E/2007 e 164/E/2007);
- la riconducibilità al settore edile è comunque limitata alle attività di manutenzione ed installazione di impianti antincendio relativi a beni immobili, non potendosi estendere anche alle manutenzioni ed installazioni di impianti riferibili ad altri beni, quali imbarcazioni e piattaforme galleggianti. In tali casi, pertanto, si rende in ogni caso applicabile la disciplina Iva ordinaria, con conseguente emissione della fattura con addebito d’imposta da parte del prestatore;
- relativamente alla manutenzione degli estintori, delle manichette e delle maschere di protezione, l’Agenzia ritiene che possano rientrare nell’ambito del reverse charge solo in presenza di un contratto di subappalto, ed in presenza delle seguenti ulteriori duecondizioni:
– i beni su cui sono eseguite le prestazioni facciano parte di un complesso installato su un immobile;
– la manutenzione si inserisca nel quadro della manutenzione dell’intero impianto avente le caratteristiche di cui al DM del 20.12.2012 recante regola di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette al controllo di prevenzione incendi .
Come anticipato, la soluzione prospettata dall’Agenzia appare in linea con quanto già precedentemente precisato in altre occasioni. In particolare:
– la R.M. 154/E/2007 riguarda il caso di un’impresa subappaltatrice che effettua l’installazione diimpianti idraulico-sanitari, con codice attività 45.33.0, compreso nella sezione F. Tra le varie attività che l’impresa svolge, vi è anche la mera manutenzione degli impianti. L’Agenzia delle Entrate dopo aver ripercorso anche in questo caso la nascita e lo sviluppo della norma in tema direverse charge in edilizia, precisa che così come l’attività di installazione di impianti idraulico-sanitari, anche l’attività di mera manutenzione ricadono entrambe nell’ambito delle “costruzioni”, e quindi all’obbligo di inversione contabile laddove chiaramente sussistano anche gli altri requisiti previsti dalla norma. Per quanto riguarda nello specifico la manutenzione, infatti, tale attività deve essere inquadrata come una prestazione di riparazione e, come tale, inerente alla costruzione;
– la C.M. 37/E/2015 chiarisce che dal 1° gennaio 2015, gli installatori di impianti con attività riconducibile ai codici attività rientranti nel gruppo 43.2 ATECO 2007 (ad es. elettrici, idraulici) fatturano in reverse charge in tutti i casi in cui effettuano la prestazione (anche di manutenzione e riparazione) su edifici nei confronti di un soggetto passivo IVA, a prescindere dalla tipologia contrattuale (appalto, subappalto, contratto d’opera). Il meccanismo dell’inversione contabile tuttavia non si dovrebbe applicare alle prestazioni riconducibili ai codici ATECO 43.21.03 (installazione impianti di illuminazione stradale e dispositivi elettrici di segnalazione, illuminazione di piste degli aeroporti), 43.22.04 (installazione di impianti di depurazione per piscine (inclusa manutenzione e riparazione), 43.22.05 (installazione di impianti di irrigazione per giardini). Nelle fattispecie in cui gli impianti siano posizionati in parte internamente ed in parte esternamente all’edificio, in una logica di semplificazione, si ritiene che occorra valorizzare l’unicità dell’impianto che complessivamente serve l’edificio, anche se alcune parti di esso sono posizionate all’esterno dello stesso per necessità tecniche o logistiche.
– la R.M. 164/E/2007 si riferisce ad una ditta individuale che esercita l’attività di installazione e manutenzione di impianti di allarme. Tale attività viene svolta con due modalità: per conto di una società che a sua volta svolge attività di installazione, ovvero per conto di una società produttrice di impianti di allarme che li cede direttamente al cliente finale. L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ribadito, richiamando la C.M. 11/E/2007, che il sistema dell’inversione contabile si applica laddove il rapporto contrattuale che lega appaltatore e subappaltatore sia riconducibile ad una delle attività comprese nella sezione F della tabella Atecofin, ha precisato che la prima delle due attività sopra evidenziate ricade nell’ambito di applicazione del reverse charge in quanto l’attività (subappalto) è svolta per conto di una società che svolge attività di installazione e che a sua volta ha ottenuto l’incarico dal cliente finale (appalto). Nel secondo caso, invece, è necessario verificare il rapporto giuridico che lega il produttore ed il cliente finale, atteso che se tale rapporto consiste in una cessione di beni, con posa in opera, allora il conseguente rapporto tra la società produttrice stessa e la società che esegue l’installazione configura un appalto, con conseguente applicazione dell’Iva nei modi ordinari.
– la C.M. 37/E/2015 nell’ambito degli impianti fotovoltaici, in analogia a quanto esposto in tema di impianti esterni, richiama ancora una volta il principio di funzionalità per effetto del quale: “quando l’impianto è funzionale all’edificio esso è soggetto al meccanismo dell’inversione contabile IVA a prescindere dalla sua ubicazione (sia esso posto sull’edificio o su area di pertinenza del fabbricato). Viceversa, se l’impianto è autonomamente accatastato è soggetto al regime IVA ordinario”.
ASSOCIAZIONE TEMPORANEA di IMPRESE: un ultimo aspetto che merita di essere evidenziato, e trattato nelle R.M. nn. 246/E e 255/E, è quello relativo al caso in cui più imprese pongano in essere tra loro un’associazione temporanea di imprese (Ati) per l’esecuzione di una determinata commessa. In tal caso, le modalità di fatturazione di tale soggetto variano a seconda del fatto che l’Ati assuma o meno rilevanza esterna. In particolare:
- nel caso in cui assuma rilevanza esterna, e sia pertanto l’impresa capogruppo ad emettere la fattura nei confronti del committente, anche per conto delle imprese associate, le rifatturazioni da parte di quest’ultime devono avvenire:
– con applicazione dell’Iva nei modi ordinari, se l’impresa capogruppo fattura a sua volta al committente con Iva;
– con il sistema dell’inversione contabile, se l’impresa capogruppo fattura a sua volta al committente con il medesimo sistema;
- nel caso in cui non assuma rilevanza esterna, l’applicazione o meno del reverse chargedipende dalla verifica o meno dei presupposti in relazione alla singola operazione.
Relativamente alla verifica della rilevanza esterna dell’Ati, l’Agenzia delle Entrate ritiene decisiva la presenza dell’autonomia soggettiva in capo all’associazione stessa. Ciò significa che tale rilevanza “esterna” sussiste laddove le imprese raggruppare si comportino, nell’esecuzione dell’appalto in modo unitario ed indistinto, perdendo quindi la propria autonomia gestionale nei complessi rapporti giuridici posti in essere.
Estensione reverse charge a rapporti in consorzi: La Legge Finanziaria 2016 (art. 1, comma 128 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), con il comma 128, ha introdotto alcune modifiche relative al reverse charge di cui alla L. 190/2014, estendendo il meccanismo di inversione contabile alle prestazioni di servizio rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza, ove detto consorzio sia aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico, al quale il consorzio sia tenuto ad emettere fattura (ai sensi delle disposizioni relative al cd. split payment). L’efficacia della norma così introdotta è subordinata all’autorizzazione UE, ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006.
L’intervento normativo in esame persegue l’obiettivo di affievolire gli effetti finanziari prodotti in capo ai fornitori della Pubblica Amministrazione dall’intervenuta adozione del regime di split payment (di cui all’art. 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 aggiunto dalla legge di stabilità 2015).
In proposito, è utile ricordare che l’art. 1, co. 629, lett. b) della L. 190/2014 ha introdotto una nuova modalità di versamento dell’IVA, operante esclusivamente con riferimento a determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione, definita “scissione dei pagamenti”, ormai più nota con il termine inglese di split payment e disciplinata dall’art. 17-ter aggiunto al d.P.R. n. 633 del 1972. In applicazione di detto regime, a fronte dell’operazione effettuata nei confronti della Pubblica Amministrazione, il cedente/prestatore deve emettere fattura con addebito dell’imposta, provvedere alla registrazione della stessa, senza tuttavia computare l’imposta a debito nelle liquidazione periodica IVA in quanto l’obbligo di versamento dell’imposta, infatti, è posto a carico dell’Amministrazione committente/cessionaria. Questo ultimo soggetto deve quindi operare una scissione (splitting) sulle somme complessivamente dovute al proprio fornitore e accreditare a quest’ultimo il solo importo del corrispettivo pattuito (al netto dell’IVA indicata in fattura), versando direttamente all’Erario il relativo tributo.
Il fornitore che intrattiene rapporti con la Pubblica Amministrazione si viene quindi a trovare in una posizione di costante credito IVA. Attraverso l’introduzione di questa nuova fattispecie di inversione contabile IVA (reverse charge) sostanzialmente si realizza l’effetto di attenuare il descritto deficit finanziario spostando, tuttavia, sulle consorziate gli adempimenti connessi all’applicazione del regime IVA di inversione contabile.
Rimborsi e compensazioni del credito Iva: posto che l’effettuazione di operazioni in regime direverse charge può creare fisiologiche situazioni creditorie in capo al subappaltatore, il Legislatore ha introdotto delle disposizioni normative ad hoc per agevolare il rimborso o la compensazione del credito Iva. In particolare, l’art. 35 del D.L. 223/2006, ha previsto le seguenti disposizioni:
– il co. 6-bis, che ha modificato la lett. a) del co. 3 dell’art. 30 del D.P.R. 633/1972, che estende ai subappaltatori nel settore edile, che effettuano operazioni in regime di reverse charge la possibilità di richiedere il rimborso in base al presupposto dell’aliquota media (esercizio di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti ed alle importazioni);
– il co. 6-ter, che prevede per i suddetti soggetti la possibilità di utilizzare in compensazione con altri tributi e contributi il credito Iva infrannuale, nonché innalza da euro 516.456,90 a euro1.000.000, il tetto massimo delle compensazioni effettuabili nell’anno solare, qualora oltre l’80% del volume d’affari del subappaltatore sia costituito da operazioni effettuate in regime direverse charge.
Va chiarito che il presupposto applicativo dell’inversione contabile è l’imponibilità dell’operazione; di conseguenza tale sistema non si applica nell’ipotesi in cui l’operazione non sia imponibile ai fini IVA (es. prestazioni di servizi di cui all’art. 9, comma 1, m.6), del DPR n. 633/1972 che non assoggetta ai fini IVA, fra l’altro, i servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto).
RIMBORSI IVA PRIORITARI: l’art. 38-bis, co. 9, del D.P.R. 633/1972, aggiunto dall’art. 1, co. 308, lett. b), della Legge 296/2006, prevede che, con decreti ministeriali, sono individuate delle categorie di contribuenti, in relazione ai quali, in funzione delle attività esercitate, i rimborsi Iva, annuali e infrannuali, sono eseguiti:
– in via prioritaria;
– entro tre mesi dalla richiesta.
Relativamente ai subappaltatori nel settore edile, il D.M. 22.3.2007, ha previsto tale priorità nell’esecuzione dei rimborsi, a condizione però che sussistano i seguenti requisiti (oltre a quello dell’aliquota media, di cui all’art. 30, co. 3, lett. a), del D.P.R. 633/1972):
– l’attività sia esercitata da almeno tre anni;
– l’eccedenza chiesta a rimborso sia almeno pari ad euro 3.000 per il rimborso infrannuale, o a euro 10.000 per il rimborso annuale;
– l’eccedenza chiesta a rimborso sia almeno pari al 10% dell’importo complessivo dell’imposta assolta sugli acquisti e sulle importazioni effettuate nel periodo (anno o trimestre) cui si riferisce la richiesta.
SOGGETTI NON RESIDENTI: la C.M. 11/E/2007 ha fornito importanti chiarimenti in relazione alle seguenti fattispecie:
– appaltatore e subappaltatore entrambi soggetti non residenti in Italia: in tal caso, solamente l’appaltatore, in qualità di soggetto debitore dell’imposta in virtù del regime del reverse charge, è tenuto ad identificarsi direttamente in Italia, ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. 633/1972, ovvero a nominare un rappresentante fiscale in Italia, ai sensi dell’art. 17, co. 2, del D.P.R. 633/1972;
– il subappaltatore, soggetto comunitario senza stabile organizzazione in Italia, che abbia effettuato nel nostro territorio esclusivamente prestazioni di servizi nell’ambito del settore edile soggette a reverse charge, nei confronti di un subappaltatore stabilito in Italia, può chiedere il rimborso dell’Iva a credito maturata, ai sensi dell’art. 38-ter, del D.P.R. 633/1972.
ADEMPIMENTI CONTABILI del REVERSE CHARGE
Infine, si ricorda che le regole da seguire per l’inversione contabile sono le seguenti:
– il prestatore, o il cedente, deve emettere fattura senza applicazione dell’imposta, indicando che si tratta di operazioni soggette al regime di cui all’art. 17, co. 6, del D.P.R. n. 633/72 (operazioni ad aliquota “zero”); tali operazioni non pongono limitazioni all’esercizio del diritto alla detrazione e consentono la possibilità di richiedere il rimborso dell’imposta in base al presupposto dell’aliquota media sugli acquisti superiore rispetto a quella applicata sulle vendite;
– il committente, o il cessionario, deve integrare la fattura emessa dal prestatore senza Iva, indicando sul documento l’aliquota e la relativa imposta, annotarla sul registro delle fatture di acquisto e su quelle delle fatture emesse, nei modi e neri termini ordinari previsti dagli artt. 25 e23 del D.P.R. n. 633/72. La doppia annotazione, se non vi sono limitazioni all’esercizio della detrazione, comporta una sostanziale neutralità dell’imposta nell’ambito delle liquidazioni periodiche.
REGIME SANZIONATORIO
Le sanzioni amministrative applicabili in caso di errata applicazione del meccanismo del reverse charge sono contenute nell’art. 6, co. 9-bis, del D.Lgs. n. 471/1997, che prevede in buona sostanza quanto indicato nella tabella che segue. Si segnala che il citato comma 9-bis è stato modificato con effetto dall’1.1.2016 dalla L. 208/2015, comma 133, che anticipa di un anno le modifiche apportate all’impianto sanzionatorio amministrativo del D.Lgs. n. 158/2015, la cui entrata in vigore era stata inizialmente stabilita per il 1° gennaio 2017.
AMBITO APPLICATIVO |
Operazioni in regime di reverse charge di cui agli artt. 17 e 74, co. 7 e 8, del DPR 633/72 (risultano quindi escluse le operazioni intracomunitarie di beni mobili, in quanto disciplinate dalle disposizioni del D.L. 331/93) |
MISURE DELLE SANZIONI |
Le sanzioni sono previste: – in misura fissa da 500 a 20.000,00 Euro (fino al 31.12.2015 era prevista la sanzione in misura proporzionale, dal 100% al 200% dell’imposta non applicata, con un minimo di euro 258) una sanzione fissa da Euro 500,00 ad Euro 20,000,00 nel caso in cui il committente non assolva l’imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell’inversione contabile. La sanzione è elevata a una misura fra il 5 e il 10% dell’imponibile con un minimo di Euro 1.000,00 nel caso in cui l’operazione non risulti dalla contabilità tenuta ai fini delle imposte dirette. La medesima sanzione si applica nel caso in cui, non avendo adempiuto il cedente o prestatore agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o avendo emesso una fattura irregolare, il cessionario o committente non informi l’Ufficio competente nei suoi confronti entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo entro lo stesso periodo all’emissione di fattura ai sensi dell’articolo 21 del DPR n. 633 del 1972, o alla sua regolarizzazione, e all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile. N.B.: nei casi di erronea applicazione del reverse charge ove non spettante o di non applicazione dello stesso, ove dovuto, resta fermo il diritto alla detrazione ma il cessionario (in caso di mancata applicazione del reverse charge) o il cedente (in caso di applicazione di reverse charge non applicabile) sono tenuti ad una sanzione da euro 250 ad Euro 10.000,00. Alla sanzione sono tenuti in solido in ogni caso cedente e cessionario. Tale sanzione ridotta non si applica nelle ipotesi in cui l’erronea applicazione o non applicazione del reverse charge sia dipesa da intento di evasione o di frode in cui si provi che cessionario o cedente erano consapevoli. Fino al 31.12.2015 era prevista una sanzione base dal 100 al 200% dell’imposta, con un minimo di euro 258, nel caso in cui il committente non assolvesse l’imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell’inversione contabile e la medesima sanzione si applicava al cedente o prestatore che aveva irregolarmente addebitato l’imposta in fattura omettendone il versamento; la sanzione era ridotta al 3%, con un minimo di euro 258, nell’ipotesi in cui l’imposta fosse stata comunque assolta, seppure in modo irregolare. |
SOLIDARIETA’ |
E’ prevista una solidarietà di entrambi i soggetti per il pagamento dell’imposta dovuta in applicazione del regime di inversione contabile, nonché per il pagamento delle sanzioni in caso di erronea applicazione o non applicazione del meccanismo del reverse charge . |
DETRAZIONE |
L’imposta assolta in modo irregolare, purché versata dal cedente nell’ipotesi in cui è applicata nei modi ordinari, legittima il cessionario o committente all’esercizio del diritto alla detrazione |
Nella C.M. 37/E/2015 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti prima dell’emanazione della Circolare non determineranno l’applicazione di sanzioni, ricordando che il regime sanzionatorio che sarà applicabile dalla pubblicazione della circolare, in caso di errata applicazione del meccanismo, determinerà:
– nel caso in cui l’imposta sia stata assolta, ma irregolarmente, la sanzione del 3% dell’imposta, con responsabilità solidale dei due contraenti;
– in caso di mancato assolvimento dell’imposta, invece, una sanzione che va da un minimo del 100% ad un massimo del 200%.
Nel documento si ribadisce il medesimo concetto per il quale sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dal contribuente anteriormente all’emanazione della circolare precedentemente menzionata, con conseguente mancata applicazione delle sanzioni.