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IL PROFESSIONISTA PUO’ SCOMPUTARE LA RITENUTA DI ACCONTO SUBITA ANCHE IN MANCANZA DELLA CERTIFICAZIONE

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18910 del 17 luglio 2018, ha precisato che è possibile scomputare la ritenuta d’acconto subita, anche nel caso in cui il sostituto d’imposta non abbia fornito al contribuente la relativa certificazione.

La Sentenza rileva che “già secondo risalenti pronunce della Corte, l’inosservanza dell’obbligo del sostituto d’imposta di inviare tempestivamente la certificazione attestante le ritenute operate non toglie al contribuente il diritto di provare la reale entità della base imponibile, evitando la duplicazione di un imposizione già scontata alla fonte (Cass. 4 agosto 1994, n. 7251). Ancor prima, la Corte ha affermato che il contribuente non può essere assoggettato di nuovo all’imposta solo perché chi ha operato la ritenuta non voglia consegnarli l’attestato da esibire al fisco (Cass. 3 luglio 1979, n. 3725)”.

E’ proprio sul concetto di “diritto a provare” che si basa la risoluzione 68/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate citata nella sentenza, secondo cui il contribuente è legittimato allo scomputo della ritenuta subita purché lo stesso sia in grado di provare con “mezzi equivalenti” l’effettivo assoggettamento. Per mezzi equivalenti si intendono il documento fiscale emesso e la relativa documentazione a supporto, quali il documento bancario che comprova l’effettivo incasso al netto della ritenuta.