Rideterminazione del valore dei terreni e partecipazioni: si riparte – Ambito soggettivo ed oggettivo
Premettendo che la legge di bilancio per il 2018 , n. 205 del 27 dicembre 2017, ha riaperto i termini per la rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, riapertura di cui si dirà soprattutto nella seconda parte della presente circolare, risulta utile ripercorrere i punti essenziali in merito al funzionamento della norma in commento.
Da un punto di visto soggettivo sono interessate dalla norma non solo le persone fisiche che detengono i beni oggetto di rideterminazione del valore, e cioè terreni o partecipazioni, non in regime d’impresa, ma anche delle società semplici, degli enti non commerciali sempre che, come già detto, i beni siano detenuti non in regime d’impresa, e i soggetti non residenti con riferimento ai beni detenuti nel territorio dello Stato ovvero, per quanto concerne le partecipazioni, riferiti a società residenti, ma non a stabili organizzazioni.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo, sono coinvolti i terreni, siano essi agricoli, edificabili o lottizzati, e le partecipazioni, sia qualificate che non qualificate, purché non riferite a società quotate.
Prima di analizzare il funzionamento della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, è bene ricordare le modalità ordinarie di tassazione dei maggiori valori eventualmente conseguiti dalla loro cessione.
E’ l’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 917 del 1986, che, con riferimento alle persone fisiche che non agiscono in regime d’impresa, arti e professioni, e soggetti a queste assimilati, di cui già si è detto in precedenza, a stabilire, all’interno del suo primo comma, lettere a) e b), che in caso di cessione di terreni lottizzati ovvero di terreni “suscettibili di utilizzazione edificatoria” o non edificabili, il maggior valore realizzato, rispetto al valore fiscalmente riconosciuto degli stessi, rappresenta reddito tassabile.
Tale regola non è estendibile tout court ai terreni agricoli. Questi ultimi, infatti, generano una plusvalenza tassabile solo nel caso in cui vengano ceduti prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro acquisizione a titolo originario ovvero dalla loro acquisizione tramite donazione. In questo ultimo caso il quinquennio va determinato tenendo presente anche il periodo di possesso del donante. Anche qualora siano pervenuti al cedente a seguito di successione, essi non generano mai plusvalenza tassabile.
I terreni lottizzati e quelli edificabili, invece, generano sempre plusvalenza tassabile indipendentemente dal periodo di possesso o dalle modalità attraverso le quali siano pervenuti al cedente. Vale la pena di fare presente che con riferimento ai terreni lottizzati, è stato chiarito che si intendo quelli nei confronti dei quali il comune ha approvato il piano di lottizzazione ed è stata stipulata la relativa convenzione di lottizzazione.
Ris. 319/E/2008 – Agenzia entrate – stralcio | “Una cessione di terreni lottizzati può di conseguenza configurarsi, ai fini dell’applicazione dell’art. 67 , lettera a), del TUIR, quando il comune abbia approvato il piano di lottizzazione e sia stata stipulata la relativa convenzione di lottizzazione, dato che questa, con la previsione degli oneri a carico del privato relativi all’urbanizzazione dell’area, completa l’iter amministrativo” |
Sul fronte della determinazione della plusvalenza tassabile, essa è data dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto che può essere aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
Per i terreni lottizzati che sono stati acquisiti oltre cinque anni prima dell’inizio della lottizzazione, come prezzo di acquisto deve essere assunto il valore normale del terreno al quinto anno anteriore. Nel caso in cui i terreni lottizzati siano stati acquisiti, invece, a titolo gratuito, il costo da raffrontare con il corrispettivo è determinato tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere ovvero a quella di inizio della costruzione.
Determinazione del costo del terreno | |
Terreno edificabile | Costo di acquisto aumentato eventualmente, di ogni altro costo inerente al bene medesimo |
Terreno lottizzato | Per gli acquisiti effettuati oltre cinque anni prima dell’inizio della lottizzazione, come prezzo di acquisto deve essere assunto il valore normale del terreno al quinto anno anteriore |
Per gli acquisiti a titolo gratuito, il costo è determinato tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere ovvero a quella di inizio della costruzione |
La plusvalenza determinata come sopra si è indicato, subisce una tassazione così detta “per cassa”, ossia nel periodo d’imposta o nei periodi d’imposta in cui il corrispettivo è effettivamente percepito dal cedente e questo, naturalmente, per evitare una anticipazione allo Stato a fronte, magari, di un prezzo poi non più percepito, in tutto o in parte, per problemi da collegare squisitamente al cessionario.
Nel caso di incasso del corrispettivo nel corso di più periodi d’imposta, il cedente, sempre al fine di determinare in modo corretto la plusvalenza che, nel singolo periodo, concorre al reddito, deve riproporzionare il costo fiscalmente riconosciuto determinato come sopra si è detto, all’ammontare incassato nel singolo periodo d’imposta rispetto al corrispettivo totale.
Volendo esemplificare, si supponga che il prezzo di cessione del terreno sia pari ad euro 210.000 e che il costo fiscalmente riconosciuto del terreno stesso, oggetto di cessione, sia pari ad euro 70.000. Se il cedente dovesse incassare il 50 per cento del prezzo, ossia 105.000 euro, nel periodo d’imposta N, e gli altri 105.000 euro nel periodo d’imposta N+1, il costo da sottrarre al prezzo incassato nel singolo periodo d’imposta sarà pari ad euro 35.000, ossia il 50 per cento del costo fiscalmente riconosciuto.
Passando alle partecipazioni sempre non detenute in regime d’impresa, in caso di cessione a titolo oneroso, il plusvalore eventualmente realizzato è dato dalla differenza fra corrispettivo e costo fiscalmente riconosciuto. In questa sede vale la pena di sottolineare che il costo fiscalmente riconosciuto è dato, in linea di massima, e per quanto concerne le società di capitali, dal valore nominale del capitale sociale riferito alla quota di partecipazione, aumentata di tutti gli apporti, in natura o in denaro, (o la rinuncia a crediti, trasformati in capitale), effettuati dal socio nel corso della vita dell’impresa.
Per le partecipazioni in società di persone, invece, il costo fiscalmente riconosciuto è dato sempre dal valore nominale della quota di partecipazione, aumentato dei redditi eventualmente ribaltati sul socio per trasparenza nel corso degli anni, e diminuito degli utili prelevati dal socio stesso, fino a concorrenza dei predetti redditi, nonché delle perdite realizzate dalla società e sempre ribaltate sul socio.
Premettendo che la legge di bilancio per il 2018, n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi 999 e seguenti, ha abrogato la divisione fra partecipazioni qualificate e non qualificate, stabilendo per le prime, dal primo gennaio 2019, la stessa tassazione oggi valida per le seconde, ossia attraverso l’imposta sostitutiva del 26 per cento da applicare su tutta la plusvalenza, fino al 31.12.2018 la tassazione “funziona”, per le due tipologie di partecipazioni, come segue:
– Per quelle qualificate, viene tassato con Irpef il 58,14 per cento della plusvalenza (percentuale così elevata, rispetto al precedente 49,72 per cento, per le cessioni realizzate a far tempo dal primo gennaio 2018);
– Per quelle non qualificate, viene tassata l’intera plusvalenza con l’imposta sostitutiva del 26 per cento.
Tassazione della plusvalenza derivante da cessione di partecipazioni | |
Cessione partecipazione non qualificata | Imposta sostitutiva del 26% |
Cessione partecipazione qualificata | Irpef sul 58,14% della plusvalenza (49,72% fino al 2017) |