Beni d’impresa e alberghi, rivalutazione – I chiarimenti ex post per la dichiarazione integrativa
Circolare per la Clientela|16 marzo 2022|n. 6
Con la circolare n. 6/E del 1° marzo 2022 l’agenzia delle Entrate ha analizzato alcune problematiche relative alla disciplina della rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni e a quella del riallineamento oltre che del regime speciale di rivalutazione previsto per i settori alberghiero e termale. I chiarimenti saranno utili ai professionisti per intervenire in rettifica sulle dichiarazioni relative al 2021 al fine di correggere eventuali comportamenti contrastanti con i chiarimenti forniti dalle Entrate.
Premessa
Con la circolare n. 6/E del 1° marzo 2022 (di seguito anche la “circolare”) l’agenzia delle Entrate, prendendo spunto dalle criticità rilevate dai contribuenti e dai professionisti, ha fornito una serie di chiarimenti in merito alla disciplina della rivalutazione deibeni d’impresa e delle partecipazioni e a quella delriallineamento oltre che del regime speciale dirivalutazione previsto per i settori alberghiero e termale.
Va evidenziato che la circolare interviene ex post a fornire interpretazioni e chiarimenti relativi a comportamenti che ormai sono già stati posti in essere dalle imprese nel bilancio 2020 e recepiti nelle dichiarazioni dei redditi 2021, pertanto tutte le precisazioni fornite dall’agenzia delle Entrate potranno rivelarsi utili solo per eventuali rettifiche in dichiarazione integrativa.
Proprio in considerazione del fatto che i chiarimenti sono stati forniti solo ex post l’invito formulato dalla circolare agli Uffici di non applicare le sanzioni « qualora riscontrino condizioni di obiettiva incertezza in relazione a comportamenti difformi eventualmente adottati dai contribuenti anteriormente alla pubblicazione del presente documento di prassi » appare il minimo sindacale alla luce delle previsioni dello Statuto del Contribuente in materia di irrogazione delle sanzioni in caso di obiettiva incertezza sull’applicazione di una norma (articolo 10, comma 3, L. 212/2000).
Discipline della rivalutazione e del riallineamento
L’articolo 110 del Dl 104/2020 (cd. Decreto Agosto) convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 ottobre 2020, n. 126, ha reintrodotto, per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali , la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate.
Lo stesso articolo, ai commi 8 e 8- bis, prevede, sia per i soggetti OIC che per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (nel seguito “soggetti IAS/IFRS”), la possibilità di riallineare la differenza tra il valore fiscale e i maggiori valori iscritti in bilancio dei beni che possono essere oggetto di rivalutazione ed anche dell’avviamento e delle altre attività immateriali.
La facoltà di rivalutazione opera sia sul solo piano civilistico che anche su quello fiscale, previo pagamento di un’imposta sostitutiva con l’aliquota del 3% sia per i beni ammortizzabili che per i beni non ammortizzabili.
Riguardo l’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione la norma prevede un’imposta sostitutiva del 10%.
L’ambito oggettivo di applicazione
I beni che possono essere oggetto di rivalutazione e riallineamento sono:
- i beni materiali (immobili, impianti, macchinari, ecc..) ammortizzabili e non ammortizzabili;
- i beni immateriali;
- le partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’articolo 2359 c.c. iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie;
- l’avviamento e le altre attività immateriali possono essere oggetto solo di riallineamento.
Sono, invece, esclusi dalla disciplina:
- gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa;
- i beni in leasing che possono essere rivalutati solo se già riscattati.
La circolare ha fornito alcuni specifici chiarimenti riguardo all’ambito oggettivo di applicazione della norma che vedremo di seguito.
L’articolo 110 del Decreto Agosto, a differenza delle precedenti leggi di rivalutazione, consente di rivalutare anche singoli beni mobili o immobili e non necessariamente tutti quelli appartenenti alla medesima categoria omogenea.
L’agenzia delle Entrate in merito agli immobili ha chiarito che la rivalutazione può essere effettuata esclusivamente in relazione agli immobili integralmente considerati, non essendo consentita una rivalutazione parziale dei singoli beni.
La circolare affronta il tema della rivalutazione dei beni in leasing da parte dell’utilizzatore e, innanzitutto, chiarisce che, poiché la norma prevede che ai fini della rivalutazione è necessario che i beni siano iscritti sia nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, sia in quello relativo all’esercizio successivo (ossia, quello del 2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare), possono essere rivalutati soli ibeni in proprietà.
Di conseguenza, i beni detenuti in leasing possono essere oggetto di rivalutazione da parte dell’utilizzatore solo se questi abbia esercitato il diritto di riscatto, ossia solo se sia divenuto proprietario del bene, entro la data del 31 dicembre 2019.
Un’ulteriore precisazione riguarda le società che hanno sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti.
La circolare in prima battuta evidenzia come la norma non preveda alcuna esclusione soggettiva, consentendo la rivalutazione dei beni d’impresa a tutti i soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir, che non adottano i principi contabili internazionali.
Dopo di che chiarisce che, poiché il reddito delle società che hanno stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti viene determinato in via ordinaria, la stipula dell’accordo di ristrutturazione dei debiti non è ostativa all’accesso alla rivalutazione.
Il riallineamento
Diverse sono state le precisazioni fornite dalla circolare in merito alla disciplina del riallineamento.
In linea generale la circolare esplicita che il riallineamento dev’essere necessariamente totale e che non è consentito riallineare parzialmente le differenze tra valore civilistico e valore fiscale esistenti al 31 dicembre 2019.
Inoltre, il disallineamento che può essere riallineato è solo quello esistente al 31 dicembre 2019 e non assumono alcun rilievo gli eventuali incrementi intervenuti nell’esercizio 2020.
Nel caso in cui nel patrimonio netto del bilancio, con riferimento al quale si effettua il riallineamento, non vi sia capienza per vincolare una riserva pari ai valori da riallineare non è possibile procedere al riallineamento.
Va evidenziato che gli utili maturati nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020 potranno essere portati a incremento dell’ammontare delle riserve utilizzabili per l’apposizione del vincolo di sospensione d’imposta ai fini del riallineamento.
Al pari, anche le perdite (comprese quelle relative al periodo d’imposta chiuso al 31 dicembre 2020), che non hanno trovato ancora copertura formale, rappresentano un elemento di cui tenere conto ai fini del calcolo della capienza delle riserve di patrimonio netto complessivamente utilizzabili per apporre il vincolo di sospensione.
Tra i chiarimenti su casi concreti forniti dalla circolare si segnala la risposta relativa alla possibilità di riallineare divergenze di valore dei beni il cui costo storico ha già trovato, in passato, riconoscimento fiscale per effetto di specifiche e differenti discipline di riallineamento/affrancamento.
A parere dell’agenzia delle Entrate il riallineamento è possibile in tutti i casi in cui i valori iscritti in bilancio risultino superiori ai corrispondenti costi fiscalmente riconosciuti alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento.
Non è dunque ostativo al riallineamento, il fatto che
- il costo storico dei beni abbia già trovato, in passato, riconoscimento fiscale (per effetto di precedenti discipline di riallineamento/affrancamento) e
- tale valore abbia già concorso medio tempore alla formazione del reddito e del valore della produzione attraverso il ciclo di ammortamento fiscale gestito extra contabilmente.
Importante risulta la posizione dell’agenzia delle Entrate riguardo ad un caso molto particolare in cui una società veicolo – costituita nel corso del 2019 per porre in essere un’operazione di leveraged buy out – ha acquistato il 100% delle quote di una società immobiliare e successivamente nel corso del 2020 è stata posta in essere una fusione per incorporazione della partecipata nel veicolo e la differenza di fusione è stata interamente attribuita agli immobili posseduti dalla società acquisita.
La circolare richiamando una precedente pronuncia della stessa agenzia delle Entrate (1) evidenzia che, l’incorporante potrà procedere al riallineamento del valore degli immobili, acquisiti a seguito dell’incorporazione, iscritti nel bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2020, ancorché i predetti beni immobili non figurino nel bilancio dell’incorporante chiuso al 31 dicembre 2019, ma solo in quello della società incorporata.
Il riallineamento può essere effettuato limitatamente ai disallineamenti esistenti al 31 dicembre 2019.
La società incorporante non potrà, invece, accedere al regime del riallineamento con riferimento ai valori degli immobili iscritti per effetto dell’imputazione del disavanzo di fusione.
Ciò in quanto il regime del riallineamento opera limitatamente ai disallineamenti esistenti con riferimento al bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2019.
L’incorporante, inoltre, non può neanche optare per la rivalutazione dei valori degli immobili, non avendo, nel bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2020 iscritto alcuna riserva di rivalutazione né incrementato il proprio capitale sociale in contropartita dei maggiori valori degli asset iscritti in bilancio, i quali risultano accresciuti solo in conseguenza dell’imputazione del disavanzo di fusione.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui il valore economico attribuito agli immobili, come indicato nella apposita perizia di stima, risultasse superiore rispetto al valore contabile iscritto sui predetti asset per effetto dell’operazione di fusione, l’incorporante potrebbe unicamente accedere, con riferimento all’importo differenziale, al regime della rivalutazione dei beni d’impresa, iscrivendo i maggiori valori sui predetti immobili e, in contropartita, una riserva di rivalutazione.
La natura e il trattamento della riserva
L’opzione per il regime della rivalutazione comporta l’iscrizione, in contropartita al maggior valore dei beni iscritto in bilancio di un saldo attivo di rivalutazione.
Qualora la rivalutazione abbia anche effetti fiscali, tale saldo attivo si qualifica quale riserva in sospensione d’imposta suscettibile di generare, in talune fattispecie, effetti di imposizione in capo alla società oltre che ai soci salvo che la stessa venga affrancata attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%.
Le riserve in sospensione d’imposta sono specifiche poste di patrimonio netto costituite da utili che non hanno ancora scontato tassazione in capo alla società.
Si tratta di riserve correlate a proventi la cui imposizione, in virtù di specifiche norme legislative, è solo rinviata. Le predette riserve si distinguono in due categorie:
– le riserve tassabili in caso di qualsiasi utilizzo (riserve in sospensione radicale) e
– le riserve tassabili in caso di distribuzione ai soci (riserve in sospensione “moderata”).
In passato l’agenzia delle Entrate riguardo alle riserve derivanti da rivalutazioni fiscali aveva concluso che su queste ultime gravasse il vincolo di sospensione radicale (2).
Con la circolare viene chiarito che il vincolo di sospensione cessa esclusivamente nel caso in cui il saldo attivo di rivalutazione sia attribuito, anche indirettamente o di fatto, ai soci, quindi, la riserva va considerata in sospensione “moderata“.
Di conseguenza, ad esempio, qualora dalla contabilizzazione di un’operazione di fusione non emerga, in capo alla società avente causa, un avanzo, la stessa società non è tenuta a ricostituire le riserve in sospensione d’imposta ad essa attribuite ai sensi del comma 5 dell’articolo 172 del Tuir.
In caso di riallineamento la norma prevede l’applicazione di un vincolo fiscale su una riserva di importo corrispondente alle differenze riallineate, al netto dell’imposta sostitutiva del 3%.
Tale riserva è considerata in sospensione d’imposta. In caso di incapienza o di assenza di riserve è possibile rendere indisponibile una quota del capitale sociale.
Possono, dunque, essere vincolate non solo le riserve di utili presenti in bilancio, ma anche, le riserve di capitale quali le riserve da sovrapprezzo, da versamenti a fondo perduto e simili ed è anche possibile apporre il vincolo sulle riserve da First time adoption anche se si tratta di riserve indisponibili ai fini civilistici.
Non è, invece, possibile vincolare riserve già in sospensione d’imposta per altro titolo.
Nel caso di riserve di capitali sottoposte a vincolo di sospensione distribuite in assenza di affrancamento, l’agenzia, superando quanto affermato nella risposta a interpello n. 539 del 2021 in cui aveva sostenuto che le somme distribuite costituiscono utile e non capitale sia in capo alla società che dei soci percipienti, conclude più correttamente che non cambia la natura originaria della riserva.
Di conseguenza, ferma restando la tassazione, ai soli fini delle imposte sui redditi, in capo alla società delle somme distribuite, rimarrà applicabile, in capo ai soci, il regime impositivo proprio della restituzione degli apporti (la sola riduzione del costo fiscale della partecipazione).
Le riserve vincolate al regime di sospensione d’imposta, come detto, possono essere affrancate versando un’imposta sostitutiva nella misura del 10%.
Riguardo alla determinazione della base imponibile, la circolare, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (3) e superando la precedente posizione espressa con la circolare n. 14/E del 2017 e poi confermata con la risposta a interpello n. 539 del 2021, chiarisce che la base imponibile va assunta tenendo conto dell’importo così come risultante in bilancio, ossia al netto dell’imposta sostitutiva del 3% versata.
La motivazione alla base di questa conclusione la si ritrova nella sentenza della Cassazione n. 32204/2019 in cui la Corte afferma « dovendo il saldo attivo di rivalutazione trovare collocazione in bilancio “al netto” e non “al lordo” dell’imposta sostitutiva pagata per la rivalutazione medesima, ed essendo costituita dal saldo attivo di rivalutazione così descritto la base imponibile per la diversa imposta sostitutiva di affrancamento, anche tale imposta sostitutiva di affrancamento dev’essere calcolata al netto della precedente imposta sostitutiva di rivalutazione ».
La rivalutazione dei beni prevista per i settori alberghiero e termale
L’articolo 6-bis del Dl 23/2020 (cd. Decreto Liquidità) convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40, prevede a favore di imprese ed enti operanti nei settori alberghiero e termale la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
La norma, e questa è la grande novità rispetto alla rivalutazione descritta nei paragrafi precedenti, stabilisce che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non è dovuta alcuna imposta sostitutiva o altra imposta e che il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali nella misura del 10%.
Si fa presente che la norma prevede anche la possibilità di effettuare il riallineamento dei valori fiscali ai maggiori valori civilistici ed anche in questo caso non è dovuta alcuna imposta sostitutiva.
La circolare è intervenuta al fine di fare chiarezza su alcune questioni controverse.
Dal punto di vista soggettivo la norma prevede che possono beneficiare della rivalutazione e del riallineamento gratuito i soggetti indicati nel Tuir (articolo 73, comma 1, lett. a) e b)) operanti nei settori alberghiero e termale.
La circolare, anche alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 5-bis, Dl 41/2021, ha precisato che per imprese operanti nel settore alberghiero e termali si intendono tutte quelle con codice Ateco rientranti nella sezione 55 – Alberghi e strutture simili (per il settore alberghiero) e quelle di cui al codice 96.04.20 (per il settore termale).
Nel caso di locazione di un immobile per beneficiare della norma è necessario che:
- l’immobile sia destinato ad attività alberghiera (la destinazione si deduce dai titoli edilizi) e
- il locatario sia un soggetto operante nei settori alberghiero e termale.
La qualifica di soggetto operante nei settori alberghiero e termale, per effetto della norma di interpretazione autentica richiamata, deve intendersi riferita solo al locatario e non anche al locatore.
Al ricorrere dei due requisiti il proprietario dell’immobile (locatore) potrà fruire della rivalutazione gratuita.
La rivalutazione dev’essere effettuata per categorie omogenee dai soggetti che operano in ambito alberghiero e termale, anche in via non prevalente e limitatamente ai beni o porzioni di beni utilizzati per lo svolgimento di tali attività.
In caso di utilizzo promiscuo dei beni è necessario identificare il valore di mercato del bene attribuibile alla “parte” utilizzata per operare nei predetti settori.
Tale identificazione può avvenire sulla base della valutazione di stima operata ai sensi dell’articolo 6 del Dm 2001, ovvero, mediante altro criterio che risulti dimostrabile e controllabile in sede di attività di controllo.
Nell’ipotesi di affitto o usufrutto di un’azienda che opera nel settore alberghiero ci si era posti la domanda su chi tra locatore e affittuario (o usufruttuario) potesse effettuare la rivalutazione.
La Circolare ha chiarito che, ove non sia stata contrattualmente prevista la deroga alle disposizioni dell’articolo 2561 c.c., la rivalutazione può essere eseguita solo dall’affittuario o usufruttuario.
Nella diversa ipotesi in cui le parti, in deroga all’articolo 2561 c.c. abbiano previsto che il concedente continui a calcolare gli ammortamenti, la rivalutazione può essere effettuata solo da quest’ultimo.
Gli aspetti procedurali
La circolare si conclude con delle precisazioni sugli aspetti procedurali di applicazione.
Riguardo al perfezionamento dell’opzione per il riallineamento di cui all’articolo 110 del Decreto Agosto, la circolare precisa che l’esercizio dell’opzione si perfeziona con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori riallineati e che l’omesso, insufficiente e/o tardivo versamento dell’imposta sostitutiva non rileva ai fini del perfezionamento del riallineamento.
In tal caso, l’imposta sostitutiva non versata viene iscritta a ruolo fermo restando la possibilità per il contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso. Quanto detto per il riallineamento vale anche per la rivalutazione dei beni.
La circolare ha anche chiarito che l’opzione per il riallineamento di cui all’articolo 110 del Decreto Agosto può essere validamente effettuata mediante la presentazione di una dichiarazione cd. “tardiva“, nel termine dei 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi, ciò in quanto, come più volte affermato dalla stessa Amministrazione finanziaria (4) « si considerano valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine legale, con la conseguenza che anche le dichiarazioni rettificative di precise scelte negoziali nel senso sopra illustrato, se presentate entro detto termine, possono efficacemente sostituire la dichiarazione originaria ».
Riguardo alle tempistiche per l’effettuazione della rivalutazione, va precisato che l’articolo 110 del Decreto Agosto consente di rivalutare i beni d’impresa risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
La rivalutazione doveva essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020.
Le imprese, che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare, potevano eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Agosto (13 ottobre 2020), purché i beni d’impresa risultino iscritti nel bilancio dell’esercizio precedente.
In tal modo, tali imprese avevano la facoltà di anticipare la rivalutazione al bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
La circostanza che il Legislatore abbia riconosciuto solo una facoltà di anticipazione della rivalutazione ma non anche la duplicazione del beneficio, fa sì che i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare non potevano effettuare la rivalutazione sia nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, sia in quello successivo, ma potevano eseguirla una sola volta, dovendo scegliere se effettuarla nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 o, in alternativa, in quello successivo.
L’agenzia ritiene, dunque, che il beneficio dell’anticipazione della rivalutazione spetti a tutti i soggetti che hanno avuto l’esercizio “a cavallo” tra il 2019 e il 2020 indipendentemente dalla durata di quest’ultimo.
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Note:
1) Circolare n. 14/E del 2017.
2) Risposta a interpello n. 316 del 2019.
3) Corte di Cassazione, ordinanza n. 9509 del 18 aprile 2018, Corte di Cassazione, sentenza n. 32204 del 10 dicembre 2019 e, da ultimo, Corte di Cassazione, sentenze nn. 11326 del 12 giugno 2020 e 19772 del 22 settembre 2020.
4) Risoluzione n. 325/E del 14 ottobre 2002 e circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020.