Edicola Fisco||p. 11-14|
Il patrimonio netto è una posta ideale di bilancio, e più precisamente, dello Stato patrimoniale, collocata tra le passività e che è data dalla differenza tra attività e passività.
La classificazione minima che il Codice civile impone, e più precisamente l’articolo 2424, è quella riportata di seguito.
Con riferimento alle società di capitali, facendo presente che il patrimonio netto rappresenta, a livello contabile, il maggior valore contabilmente attribuito alle attività, rispetto al valore contabile dato alle passività, esso può essere genericamente definito il “polmone” della società, visto che al suo azzerarsi la società cessa di “vivere”, salvo i rimedi, volendo mantenere un gergo “sanitario”, previsti dalla legge.
Stato patrimoniale: classificazione
I — Capitale.
II — Riserva da soprapprezzo delle azioni.
III — Riserve di rivalutazione.
IV — Riserva legale.
V — Riserve statutarie.
VI — Altre riserve, distintamente indicate.
VII – Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi.
VIII — Utili (perdite) portati a nuovo.
IX — Utile (perdita) dell’esercizio.
X – Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio.
Fa parte del patrimonio netto il capitale sociale, obbligatorio per legge, che rappresenta non solo la garanzia per i terzi, ma anche la dotazione iniziale della società al fine di poter cominciare l’attività indicata nell’oggetto sociale, anche se con l’introduzione della Srl semplificata questa tutela nei confronti dei terzi e questa dotazione ha perso un po’ il senso.
Il Codice civile prevede il capitale sociale minimo di cui deve essere dotata una società di capitali, a seconda del tipo di società:
- per le Spa il capitale sociale minimo deve essere di euro 50mila (articolo 2327 Cc);
- per le Sapa il capitale sociale minimo deve essere come quello delle Spa, per rinvio alle norme di quest’ultima da parte dell’articolo 2454 Cc;
- per le Srl il capitale sociale minimo deve essere di euro 10mila (articolo 2463, comma 2, n. 4). L’articolo 2463 del Codice civile prevede, però, per le società a responsabilità limitata (Srl), la possibilità di versare una capitale sociale inferiore ad euro 10mila, ma pari almeno a un euro. Si tratta della società a responsabilità limitata semplificata (Srls).
Il capitale sociale, durante la vita aziendale, può essere oggetto di aumenti ovvero anche di riduzioni, sia volontarie che imposte dalla legge.
Proprio con riferimento a quest’ultimo caso, un particolare motivo di riduzione del capitale sociale deriva dalla produzione di perdite da parte dell’impresa.
In presenza di perdite è necessario far innanzitutto presente, per completezza di argomento, che esse prima di arrivare ad intaccare il capitale sociale devo essere assorbite dalle eventuali riserve presenti in patrimonio netto, nell’ordine di seguito riportato:
- riserve facoltative,
- riserve statutarie,
- riserve sovrapprezzo e altre riserve da apporto dei soci,
- riserve da rivalutazione,
- riserva legale.
Nel momento in cui tutte le riserve risultano “azzerate” dalla o dalle perdite prodotte dalla società, allora le perdite eccedenti vanno ad intaccare il capitale sociale.
A questo punto il Legislatore civile divide in due le situazioni che si possono creare:
- perdite che non superano 1/3 del capitale sociale (dopo aver abbattuto, naturalmente, tutte le riserve come già sopra si è detto): la disciplina è contenuta nell’articolo 2446 Cc (per Spa e Sapa) e nell’articolo 2482 bis Cc (per Srl);
- perdite che superano 1/3 del capitale sociale (dopo aver abbattuto, naturalmente, tutte le riserve come già sopra si è detto): la disciplina è contenuta nell’articolo 2447 del Cc (per Spa e Sapa) e nell’articolo 2482 ter Cc (per Srl).
LE PERDITE DI ESERCIZIO E IL CAPITALE SOCIALE
Perdite che non superano 1/3 del capitale sociale | Non è necessaria alcuna particolare azione da parte dell’organo amministrativo. Il Legislatore, infatti, ritiene che in tal caso l’impresa possa continuare la propria attività al fine di andare ad assorbire tali perdite attraverso la produzione di utili |
Perdite che superano 1/3 del capitale sociale | Se la perdita non porta il capitale sociale al di sotto del minimo legale, essa può essere rinviata all’esercizio successivo. In questo caso, però, va convocata un’assemblea con la presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale della società |
Se la perdita ha anche portato il capitale sociale al di sotto del minimo legale, allora l’organo amministrativo devo convocare senza indugio l’assemblea per la riduzione e ricostituzione del capitale sociale stesso |
Perdite che non superano 1/3 del capitale sociale
In presenza di perdite che, dopo aver abbattuto tutte le riserve presenti in patrimonio netto, non superano un terzo del capitale sociale, non è necessaria alcuna particolare azione da parte dell’organo amministrativo. Il Legislatore, infatti, ritiene che in tal caso l’impresa possa continuare la propria attività al fine di andare ad assorbire tali perdite attraverso la produzione di utili.
È appena il caso di precisare che se questa è la disciplina civile, è bene in ogni caso che l’organo amministrativo, soprattutto di fronte a perdite che sono arrivate comunque ad intaccare il capitale sociale, si interroghi sul da farsi e quali possono essere le reali prospettive future visto che il deficit economico potrebbe essere il preludio per l’analisi e l’approfondimento sulla questione di continuità aziendale (going concern), di cui si dirà in prosieguo: vi è da chiedersi, in altre parole e volendo qui solo sintetizzare al massimo il concetto, se l’impresa sarà o meno in grado di continuare la propria attività senza entrare nella (facile) spirale della crisi d’impresa (si veda capitolo dedicato all’argomento) con cessazione della prospettiva della stessa continuazione.
Perdite che superano 1/3 del capitale sociale
In presenza di perdite che superano un terzo del capitale sociale, sempre dopo aver “abbattuto” tutte le riserve, il Legislatore civile ritiene, a differenza delle perdite che non superano tale limite, che la società possa essere entrata in una fase “pericolosa” della propria esistenza. Qualora, dunque, le perdite, dopo aver abbattuto tutte le riserve, arrivino ad intaccare il capitale sociale per più di un suo terzo, vi possono essere due ulteriori situazioni:
- se la perdita non porta il capitale sociale al di sotto del minimo legale, essa può essere rinviata all’esercizio successivo. In questo caso, però, va convocata un’assemblea con la presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale della società;
- se, al contrario, la perdita ha anche portato il capitale sociale al di sotto del minimo legale, allora l’organo amministrativo devo convocare senza indugio l’assemblea per la riduzione e ricostituzione del capitale sociale stesso, ovvero la liquidazione della società o, ancora, la sua trasformazione in società di persone.
È quest’ultima, quindi, la situazione reputata, a ragione, la più pericolosa e che abbisogna di interventi immediati tant’è che la norma parla di convocazione dell’assemblea “senza indugio”.
Ove non si provveda a ricapitalizzare la società, il rischio è quello di doverla porre in liquidazione ovvero trasformarla in una società di persone nel momento in cui il capitale sociale non sia più sufficiente.
LE NORME DEROGATE DAL DECRETO-LEGGE “LIQUIDITÀ”
Articolo 2446,
commi 2 e 3, Cc |
Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate |
Articolo 2447 Cc | Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società |
Articolo 2482 bis, commi 4, 5 e 6, Cc | Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate |
Articolo 2482 ter Cc | Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo.
È fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società |
L’intervento del “Dl Liquidità” n. 23 del 2020
La crisi economica ingenerata dalla epidemia da “Covid-19”, porterà un numero non esiguo di società ad avere anche problemi a livello di capitale sociale visto che è probabile che l’esercizio 2020 o, per chi ha l’esercizio a cavallo d’anno, quello in corso nel periodo di marzo/aprile 2020 (o anche nei mesi successivi a seconda dell’acuirsi o meno dell’epidemia), evidenzierà perdite economiche che potrebbero anche essere non indifferenti.
Proprio alla luce di questo futuro scenario e per evitare che questa anomala situazione che sta coinvolgendo anche imprese che, prima dell’epidemia, erano in condizioni economiche buone se non addirittura ottimali, porti alla forzata decisione, dettata, come detto, dalla legge, di porre in liquidazione la società, attraverso il decreto-legge così detto “liquidità”, n. 23 dell’8 aprile 2020 e pubblicato in G.U. n. 161 94, è stata introdotta, attraverso l’articolo 6, una deroga alle norme contenute negli articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482 bis, commi 4, 5 e 6, e 2483 ter del Codice civile.
Viene, infatti, stabilito che dalla data di entrata in vigore del decreto, 9 aprile 2020, e fino al 31 dicembre 2020, non si applicano, per le fattispecie che si verificano nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data, le norme appena indicate in tabella e che dispongono in merito ai doveri da rispettare di fronte a riduzioni, per perdite, del capitale sociale.
Vi è, quindi, una sospensione degli obblighi in capo agli amministratori di dover porre in liquidazione la società con perdite superiori ad un terzo del capitale sociale e che portano lo stesso al di sotto del limite legale, sollevandoli, per legge, dal rischio di esporsi alla responsabilità per una gestione non conservativa del patrimonio ai sensi dell’articolo 2486 del Codice civile (si veda all’interno dell’opera la parte relativa a dette responsabilità).
Al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento della consegna di cui all’articolo 2487 bis, gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale.
Gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione del precedente comma.
Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.
Non solo. Il citato decreto “liquidità” dispone, altresì, che non opera, sempre con riferimento al periodo che va dal 9 aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2020, la causa di scioglimento della società «per riduzione del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545 duodecies del Codice civile».
Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono:
omissis
4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482 ter
Articolo 2545 duodecies Cc
La società cooperativa si scioglie per le cause indicate ai numeri 1), 2), 3), 5), 6) e 7) dell’articolo 2484, nonché per la perdita del capitale sociale.
Pertanto, anche in presenza di perdite, realizzate nel periodo indicato, che dovessero ridurre il capitale sociale al di sotto del limite legale ma, addirittura, azzerarlo, la norma dispone che non opera la previsione normativo di scioglimento della società e, quindi, nemmeno quello che obbliga alla ricapitalizzazione ovvero alla trasformazione della società.
Premettendo che la relazione illustrativa al Dl 23 dell’8 aprile 2020 sottolinea che «La sospensione degli obblighi previsti dal Codice civile in tema di perdita del capitale sociale, per contro, tiene conto della necessità di fronteggiare le difficoltà dell’emergenza Covid-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale», si fa notare, rinviando a quanto verrà detto in modo più approfondito all’interno della presente opera, che non dovrebbe trovare applicazione, sebbene non espressamente indicato dalla norma ma proprio in conseguenza della ratio sottostante alla normativa stessa in commento, nemmeno l’articolo 2476 del Codice civile, rubricato Responsabilità degli amministratori e controllo dei soc”, in tema di Srl, che dispone, oltre alla responsabilità degli amministratori verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società, che anche i soci sono solidalmente responsabili con gli amministratori nel caso in cui «hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi».
Tra gli atti dannosi vi è certo anche la mancanza di ricapitalizzazione della società con capitale sociale ridotto al di sotto del minimo se non addirittura annullato, ovvero la mancata delibera di scioglimento o di trasformazione.