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Sommario

  1. Una finestra ampia quattro mesi senza fallimenti e insolvenze
  2. Bonus prima casa, termini congelati dal 23 febbraio
  3. Mutui prima casa, moratoria anche per ditte individuali e artigiani
  4. Calo dei ricavi e dei compensi, tasse sospese ad aprile e maggio
  5. E-fattura, il bollo sotto i 250 euro si può posticipare
  6. Dalle fatture al registro, il Fisco si dà sempre ragione
  7. Esonero dei controlli sugli appalti, fino a giugno vale il Durf di febbraio
  8. Alt forzato di imprese e negozi: due vie per rivedere l’affitto
  9. Slittano registrazioni di contratti e tagli di canone
  10. La circolare sul cura Italia conferma le regole del Ddt
  11. Una finestra ampia quattro mesi senza fallimenti e insolvenze

Dal 9 marzo al 30 giugno improcedibili le istanze e i ricorsi.
Salve le domande del pm Resta il nodo del blocco delle azioni esecutive.

Una finestra di quattro mesi (quasi) fallimenti free.

È questa una delle conseguenze più significative delle misure d’urgenza prese, in materia di crisi d’impresa, con il decreto legge approvato lunedì sera dal consiglio dei ministri.

A venire messo nero su bianco, infatti, è un periodo che va dallo scorso 9 marzo al prossimo 30 giugno nel quale tutti i ricorsi finalizzati alla dichiarazione di fallimento e gli accertamenti giudiziari dello stato di insolvenza sono improcedibili.

Con un’unica eccezione, limitata ai casi in cui il ricorso è stato presentato dal pubblico ministero ed è accompagnato dalla richiesta di provvedimenti cautelari a tutela del patrimonio o dell’impresa.

Evidente l’obiettivo della misura: sui vuole evitare di avvantaggiare condotte di rilevante dissipazione di rilevanza anche penale a danno dei creditori, compromettendo anche le esigenze di repressione dei casi più gravi.

Con l’improcedibilità, invece, si intende alleggerire la pressione sugli imprenditori che potrebbero essere bersagliati da una serie di istanze di fallimenti avanzate da terzi e, nello stesso tempo, evitare di metterli nella condizione di dovere presentare domanda di fallimento in proprio (l’improcedibilità si applica anche a questo caso) in un contesto in cui lo stato di insolvenza può essere ampiamente da addebitare a fattori straordinari.

Tra l’altro, il rischio sarebbe anche quello di una dispersione del patrimonio produttivo senza un effettivo beneficio a vantaggio dei creditori.

La liquidazione dei beni infatti rischierebbe di avvenire in un mercato certo alterato e dal funzionamento anormale.

C’è poi un tema di sostenibilità da parte degli uffici giudiziari di un flusso assai importante di ricorsi, in un momento in cui il rinvio delle udienze non urgenti è via via stato esteso, da ultimo sino alla metà di maggio proprio con il decreto legge dell’altra sera.

Il blocco in ogni caso avrà durata temporanea, trascorsa la quale le istanze potranno tornare a essere presentate, e riguarda un’ampia categoria di imprese, anche tutte quelle grandi, ma di dimensioni tali da non potere comunque avere accesso al «Decreto Marzano».

Per non compromettere però la tutela della parità di condizioni tra i creditori, si prevede che i 4 mesi di “ferma” dei fallimenti sono sterilizzati nel conteggio dell’anno decorrente dalla cancellazione del Registro imprese e per il conteggio dei termini utili per la presentazione delle revocatorie.

Resta sullo sfondo comunque un’altra misura di cui molto si è discusso nei giorni scorsi, quella di un blocco di 90 giorni delle azioni esecutive individuali, obiettivo da raggiungere anche attraverso un meccanismo di autodichiarazione da parte dell’imprenditore disposto a pagare comunque cospicui interessi di mora.

Una sorta di automatic stay concesso per legge e per un breve periodo, in assenza del quale, per alcuni, la conseguenza sarà quella di un’esplosione dei concordati in bianco che l’automatic stay appunto prevedono.

  1. Bonus prima casa, termini congelati dal 23 febbraio

Al 31 dicembre 2020 le scadenze per cambio di residenza e riacquisto

Sospesi per 313 giorni (dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020) tutti i termini previsti dalla normativa in tema di agevolazione per l’acquisto della prima casa: lo dispone il decreto legge liquidità al fine di evitare che tutte le difficoltà materiali e giuridiche connesse al periodo emergenziale dispieghino un riverbero negativo in ordine all’avvalimento di questo beneficio fiscale.

«Sospensione» significa che il termine non corre nel periodo in cui è sospeso e che il periodo decorso prima della sospensione si somma a quello che decorrerà una volta cessata la sospensione.

Il trasferimento di residenza
Chi acquista la “prima casa” e non risiede (né lavora) nel Comune ove l’abitazione è ubicata, ha tempo 18 mesi per trasferire la sua residenza in tale Comune.

Il termine decorre dalla data del rogito d’acquisto.

Se, dunque al 23 febbraio 2020 stava decorrendo il termine in questione, il decorso del periodo di 18 mesi riprenderà il 1° gennaio 2021; se il termine avesse dovuto decorrere tra il 23 febbraio e il 31 dicembre 2020, esso inizierà a decorrere il 1° gennaio 2021.

Riacquisto per il credito d’imposta
Chi vende la “prima casa” e ne compra un’altra entro un anno consegue, con il riacquisto, il diritto a un credito d’imposta di importo pari all’imposta di registro (o all’Iva) versata in sede di acquisto della casa poi venduta (in misura però non eccedente l’importo dell’imposta dovuta in sede di riacquisto).

Pertanto, il periodo annuale che stava decorrendo al 23 febbraio 2020 riprenderà il decorso dal 1° gennaio 2021. Se l’atto di vendita viene stipulato tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020, il periodo annuale per il riacquisto decorrerà dal 1° gennaio 2021.

Il termine di riacquisto per evitare la decadenza
Chi vende la “prima casa” entro 5 anni dal rogito d’acquisto decade dall’agevolazione (e subisce il recupero dell’imposta ordinaria e una sanzione) se entro un anno non compra un’altra casa da destinare a propria abitazione principale.

Ne deriva che se al 23 febbraio 2020 era in corso questo periodo annuale, esso beneficia di una sospensione di 313 giorni e riprende il suo corso al 1° gennaio prossimo.

Se invece la vendita infraquinquennale è stipulata tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020, per il riacquisto ci sarà tempo fino al 31 dicembre 2021.

Alienazione infrannuale
Dell’agevolazione “prima casa” può avvalersi chi, pur avendo la proprietà di un’altra abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”, compri un’altra “prima casa” e alieni la precedente “prima casa” entro un anno dal nuovo acquisto.

Ebbene, anche in questo caso: se detto termine annuale stava decorrendo al 23 febbraio 2020, esso cessa il suo decorso e lo riprenderà il 1° gennaio prossimo; se invece il nuovo acquisto è effettuato tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020, per vendere ci sarà tempo fino al 31 dicembre 2021.

  1. Mutui prima casa, moratoria anche per ditte individuali e artigiani

La norma è finalizzata a chiarire che nell’ambito della nozione di lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo solidarietà mutui “prima casa”, il cosiddetto “Fondo Gasparrini”, rientrano anche ditte individuali e artigiani.

Anche le ditte individuali e gli artigiani rientreranno nel perimetro della moratoria sui mutui per la prima casa, potenziata dal Governo con diversi interventi nel quadro dell’emergenza coronavirus.

Il chiarimento, auspicato da diverse associazioni di categoria, arriva con il decreto approvato lunedì in Consiglio dei ministri.

Gli interventi del Governo
Sulla moratoria dei mutui l’esecutivo è intervenuto a più riprese.

Con un primo decreto (il Dl 9/2020) era stato deciso che la moratoria sui mutui prima casa andava applicata a tutti coloro che abbiano subito una riduzione dell’orario di lavoro di almeno trenta giorni. Con un secondo decreto (Dl 18/2020) c’è stato un notevole allargamento: per nove mesi (quindi, fino al 17 dicembre) anche tutti i lavoratori autonomi potranno chiedere il congelamento della rata.

La precedente formulazione lasciava, però, fuori gli artigiani.

La denuncia delle imprese
Sul punto, allora, era arrivata una segnalazione di Cna.

Si trattava di «una situazione inaccettabile».

Per questo l’associazione aveva scritto al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri per segnalare la necessità di modificare l’articolo 4 del decreto attuativo del 25 marzo, che ammetteva ai benefici del Fondo solo un numero limitato di attività. Nello specifico, erano fuori tra gli altri gli artigiani, i piccoli commercianti, i coltivatori diretti.

Per questo, con il decreto arriva un chiarimento rilevante.

La correzione
Spiega la relazione illustrativa al provvedimento: «La norma è finalizzata a chiarire che nell’ambito della nozione di lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo solidarietà mutui “prima casa”, il cosiddetto “Fondo Gasparrini”» rientrano anche ditte individuali e artigiani.

Il regime speciale
A loro, quindi, si applicherà il regime speciale già previsto per i professionisti, valido fino al 17 dicembre prossimo. Per accedere al congelamento, quindi, bisognerà presentare un’autocertificazione che attesti di avere registrato, nel trimestre successivo al 21 febbraio o nel periodo tra il 21 febbraio e la domanda (se minore di un trimestre), un calo del proprio fatturato medio giornaliero superiore al 33% rispetto al fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre del 2019, a causa dell’emergenza coronavirus.

  1. Calo dei ricavi e dei compensi, tasse sospese ad aprile e maggio

Il nuovo decreto legge concede la moratoria anche su ritenute e contributi.
La riduzione motivata dalla riduzione delle entrate in rapporto al fatturato

Il Governo estende la proroga dei versamenti fiscali e contributivi a seguito dell’emergenza da Covid-19.

Nella bozza del nuovo decreto legge sono previste sospensioni dei versamenti dei contribuenti Iva, per aprile e maggio 2020, e altre agevolazioni in tema di ritenute d’acconto sui ricavi o compensi percepiti di aprile e maggio da parte dei professionisti o imprenditori con incassi fino a 400 mila euro nel 2019.

La mini-proroga di quattro giorni, dal 16 marzo al 20 marzo, di cui all’articolo 60 del Dl 18/20 si allunga fino al 16 aprile, considerando tempestivi i versamenti entro questa data.

Per i contribuenti che verseranno l’acconto per il 2020 con il sistema “previsionale” basato sul minore reddito dell’anno in cui si versa l’acconto, non saranno chiesti sanzioni o interessi, nei casi in cui gli acconti si riveleranno non inferiori all’80% del dovuto riferito al 2020.

È poi prevista la sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi assistenziali e previdenziali e i premi di assicurazione obbligatoria sul lavoro dipendente e dell’Iva per aprile e maggio a favore degli esercenti attività di impresa, arte e professione.

La sospensione vale per i contribuenti con ricavi o compensi fino a 50milioni di euro relativi al 2019 nel caso in cui si verifichi un calo dei ricavi o compensi stessi non inferiore al 33% nel mese di marzo 2020 rispetto a marzo 2019, o nel mese di aprile 2020 rispetto ad aprile 2019.

Per i contribuenti che hanno avuto nel 2019 un ammontare dei ricavi o compensi superiore a 50 milioni la percentuale di calo deve essere del 50%, invece del 33 per cento.

La stessa sospensione è prevista per i contribuenti che hanno iniziato l’attività dopo il 31 marzo 2019. I versamenti sospesi dovranno essere effettuati in un’unica soluzione nel mese di giugno 2020, o in cinque rate mensili da giugno.

Con un’altra norma è stabilito che, per i contribuenti con ammontare di ricavi o compensi non superiore a 400 mila euro nel 2019, le somme percepite ad aprile e maggio 2020, per redditi di lavoro autonomo e altri redditi o per rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, non saranno assoggettate dal sostituto d’imposta alle ritenute d’acconto, a condizione che nel mese prima i contribuenti non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato. In queste ipotesi i contribuenti omettono l’indicazione della ritenuta in fattura.

Chi si avvale dell’opzione rilascia una dichiarazione dalla quale risulta che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta, specificando nella causale della fattura la dicitura «Si richiede la non applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d’acconto ai sensi articolo 62, comma 7, del decreto-legge n. 18 del 2020».

Nella verifica del limite di 400 mila euro dei ricavi o compensi, sono irrilevanti gli ulteriori componenti indicati per migliorare il proprio profilo di affidabilità fiscale ai fini Isa.

Le ritenute saranno versate in unica soluzione entro il 31 luglio 2020 o in cinque rate mensili a decorrere da luglio.

Infine è differito al 30 aprile il termine, scaduto il 31 marzo, entro cui i sostituti d’imposta devono consegnare le certificazioni uniche.

  1. E-fattura, il bollo sotto i 250 euro si può posticipare

Rimodulati i termini e le soglie per accedere al versamento frazionato

Termini di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche ancora al centro delle attenzioni del legislatore.

Con una disposizione contenuta all’interno del Dl liquidità, si interviene nuovamente sulle tempistiche di pagamento del bollo relativamente ai primi due trimestri dell’anno, cadenzando l’adempimento in ragione dell’ammontare dell’imposta dovuta. In particolare, si intende riparametrare le scadenze di versamento quando gli importi da versare siano inferiori a 250 euro nel primo trimestre ovvero a 250 euro nel primo e secondo trimestre.

Nulla cambia invece per le liquidazioni del terzo e quarto trimestre solare dell’anno, per le quali restano ferme le ordinarie scadenze per i versamenti in ragione delle fatture elettroniche emesse in tali periodi ed assoggettate a bollo.

La misura discussa ricalca esattamente quanto era stato proposto, senza poi essere approvato, in corso di conversione, con legge 8 del 2020, del decreto Mille-proroghe (Dl 162 del 2019).

La norma interviene sostituendo il comma 1-bis dell’articolo 17 del decreto-legge 124 del 2019 il quale dispone a oggi, anch’esso con finalità di semplificazione e riduzione degli adempimenti in capo ai contribuenti, che nel caso in cui gli importi dovuti non superino il limite annuo di mille euro, l’obbligo di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche possa essere assolto con due versamenti semestrali, da effettuare rispettivamente entro il 16 giugno ed entro il 16 dicembre di ciascun anno.

La concreta fruibilità di questa agevolazione e semplificazione non era apparsa, sin dalla sua approvazione, molto comprensibile ed attuabile considerando che i termini semestrali fissati dalla norma scadono prima dei rispettivi semestri e prima della scadenza, rispettivamente, del secondo e del quarto trimestre.

Con il decreto legge liquidità si intende intervenire nuovamente su tali tempistiche, prevedendo in dettaglio che se l’ammontare dell’imposta dovuta per le fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell’anno risulti di importo inferiore a 250 euro (ma l’importo complessivo dell’imposta dovuta per il primo e secondo trimestre è superiore a 250 euro), il versamento può essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta relativa alle fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno.

Se, considerando anche l’imposta dovuta per le fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno, l’importo complessivo da versare resta inferiore a 250 euro, il versamento dell’imposta relativa al primo e secondo trimestre dell’anno può essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta dovuta in relazione alle fatture elettroniche emesse nel terzo trimestre dell’anno di riferimento.

Come indicato dalla relazione tecnica al decreto, la norma non produce effetti negativi sul gettito in quanto il versamento dell’imposta relativa al primo e secondo trimestre solare dell’anno, ancorché differito nel caso in cui l’ammontare dell’imposta di bollo dovuta sia di importo esiguo, viene comunque effettuato nell’anno di emissione delle relative fatture.

  1. Dalle fatture al registro, il Fisco si dà sempre ragione)

Le istruzioni delle Entrate sui provvedimenti legati al coronavirus lasciano aperti ancora dubbi: dal continuo prolungare dei termini di accertamento, ad esempio per l’abuso del diritto, alla mancata sospensione dei tempi per l’invio telematico dei corrispettivi. Tutti i dubbi che restano (anche sull’imposta di registro)

È una prassi davvero oscillante, quella che si avverte dalla lettura delle risposte contenute nella circolare 8/E.

Vi sono, infatti, diverse “asimmetrie interpretative” che, in alcuni casi, vengono fatte derivare da una presunta volontà del legislatore.

Al di là della volontà del legislatore (di cui si dirà), quello che è certo è che talune affermazioni contrastano decisamente con il dato normativo.

La proroga dei termini di accertamento
Sul tema si è intervenuti più volte e, quindi, si vogliono evitare ripetizioni.

Tuttavia non si può fare a meno di segnalare l’erroneità di fondo della risposta 2.3. in materia di abuso del diritto.

Viene affermato che un accertamento relativo al 2014 potrà essere effettuato anche entro il 31 dicembre 2022.

Questo per effetto del differimento di 60 giorni contenuto nelle disposizioni sull’abuso del diritto – che comunque l’Agenzia raddoppia impropriamente anche fino a 120 giorni – a cui si sommerebbe, secondo le Entrate, l’oramai “famoso” differimento fino al 31 dicembre del secondo anno successivo per i periodi in scadenza nell’anno in cui si verifica la sospensione (articolo 12 del Dlgs 159/2015).

Ebbene, va ricordato che nella storica sentenza n. 247/2011 sul raddoppio dei termini di accertamento, la Corte costituzionale ha stabilito che i prolungamenti dei termini di rettifica non si possono cumulare con altri differimenti disposti da altre disposizioni astrattamente applicabili alla medesima fattispecie.

Questo per escludere che la sommatoria di più differimenti dei termini di accertamento “possano concorrere a rendere irragionevolmente lunghi i termini i tempi dell’accertamento”.

La Consulta si è riferita, in particolar modo, al differimento biennale (guarda il caso) dei termini di accertamento per chi non si era avvalso dei condoni della legge 289 del 2002, stabilendo che quest’ultimo non si poteva sommare al differimento del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di fattispecie penalmente rilevanti.

È evidente, quindi, che l’Agenzia non potrà sommare al differimento biennale dei termini dell’articolo 12 del Dlgs 159/2015 quello dei 60 giorni (non fino a 120) previsto dalle disposizioni sull’abuso del diritto.

Fatture e imposta di registro
La circolare afferma – qui giustamente – che l’emissione delle fatture non è un adempimento rientrante tra quelli sospesi (fino al 31 maggio, articolo 62).

La norma fa riferimento alla sospensione degli adempimenti “diversi dai versamenti” e con ciò si deve ritenere che tutti gli adempimenti che risultino in qualche modo prodromici rispetto a un versamento non siano sospesi (qui bisognerebbe distinguere se si tratta, a sua volta, di un versamento sospeso o meno).

Ad ogni modo, posti questi presupposti, non si comprende davvero, invece, l’accordata sospensione (comunque non generalizzata) per l’imposta di registro, posto, tra l’altro, che il tributo non rientra tra quelli sospesi; soprattutto appare errata la risposta 1.21 a proposito dei contratti di locazione per i quali (articolo 17 del Dpr 131/1986) l’imposta viene liquidata dai contraenti e non dall’ufficio, come, invece, riporta la risposta.

Corrispettivi
Davvero “oscillante” è anche la risposta (1.7) sull’invio telematico dei corrispettivi, per il quale invio si dice che – in linea di massima – non si può fruire della sospensione. Si afferma che memorizzazione e invio dei corrispettivi “costituiscono un unico adempimento”. Peccato che la norma (sulla cui “paternità” si ha qualche sospetto) preveda due distinte sanzioni.

Ritenute appalti
Si afferma (risposta 1.9) che “i controlli da parte del committente sono strettamente connessi ai versamenti delle ritenute da parte dell’appaltatore”.

Risulta, quindi, ancora credibile il passaggio contenuto nella circolare 1/E/2020 secondo cui la (eventuale) violazione del committente non è una violazione di carattere tributario?

Bonus negozi e botteghe
Per il credito d’imposta previsto dall’articolo 65 del Dl viene affermato (risposta 3.1) che la norma “ha la finalità di ristorare il soggetto del costo sostenuto… sicché … il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento”. Tralasciando la stravagante tesi che un costo sostenuto maturerebbe, per un imprenditore, con il pagamento (?), si ricorda che le intenzioni del legislatore, in base all’art. 12 delle Preleggi, svolgono un ruolo soltanto servente (suppletivo) rispetto al dato letterale della legge.

La cosiddetta ratio non può quindi trascendere il dato letterale, il quale – detto per inciso – esclude categoricamente la presa di posizione delle Entrate.

  1. Esonero dei controlli sugli appalti, fino a giugno vale il Durf di febbraio

Il meccanismo resta in piedi senza rinvii. Certificati validi qualche giorno in più

Un intervento che risolve poco. E che, anzi, rischia di complicare ulteriormente una situazione già resa intricatissima dalla circolare 8/E dall’agenzia delle Entrate.

L’articolo che il Governo ha inserito nella bozza di decreto legge sull’emergenza in materia di ritenute e appalti non rinvia, come veniva chiesto dalle associazioni di imprese e professionisti, in blocco il nuovo (complicatissimo) adempimento. Interviene, invece, solo sui Durf, le certificazioni di regolarità fiscale.

La norma – come spiega la relazione illustrativa – «proroga espressamente la validità dei certificati emessi dall’agenzia delle Entrate». Il rinvio, però, non riguarda tutti, ma solo i certificati emessi nel mese di febbraio.

La loro validità è allungata «fino al 30 giugno, al fine di evitare, in considerazione della situazione connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19, accessi da parte di contribuenti agli uffici dell’agenzia».

Si tratta, a ben guardare, di una proroga di pochi giorni per il certificato che – va ricordato – consente a imprese e committenti di non applicare il complesso meccanismo di controlli istituito dal decreto fiscale (Dl 124/2019). Il primo termine per la presentazione del certificato ai committenti era, infatti, il 24 febbraio scorso.

I Durf hanno, per legge, validità di quattro mesi. Calendario alla mano, allora, sarebbero già stati validi, in molti casi, fino quasi a fine giugno. L’indicazione del decreto gli darà solo qualche giorno di vita in più.

Tolta questa proroga, l’adempimento, che impone ai committenti di verificare il versamento delle ritenute dei loro appaltatori, resta pienamente attivo. Così, chi non ha ancora chiesto il certificato per proteggersi, non potrà fare nulla se non attrezzarsi e applicare il meccanismo.

Considerando anche che, guardando agli ultimi interventi, sarà molto più difficile maneggiarlo.

La circolare 8/E delle Entrate ha, infatti, stabilito che, quando l’impresa appaltatrice sia esentata dal versamento delle ritenute, verranno meno anche i controlli.

I committenti, allora, oltre a farsi consegnare il Durf (per il quale dovranno calcolare gli effetti dell’ultima proroga), dovranno anche considerare eventuali esenzioni (vecchie e nuove) dei loro appaltatori e subappaltatori. Facendo attenzione a un calendario fiscale che, con il tempo, rischia di farsi sempre più complicato.

  1. Alt forzato di imprese e negozi: due vie per rivedere l’affitto

Il conduttore può chiedere di rinviare il pagamento senza interessi o penalità.
È consigliabile trattare la riduzione dei canoni almeno fino alla riapertura.

Iniziano a manifestarsi i segnali della grave crisi economica che il Covid-19 sta provocando in tutta Italia.

Tra questi le difficoltà di molti a far fronte al pagamento dei canoni di locazione.

Un problema che accomuna chi ha dovuto, perché obbligato, chiudere l’esercizio commerciale o sospendere l’attività a chi si è trovato improvvisamente (e incolpevolmente) senza lavoro o introiti professionali.

Il coronavirus rappresenta un evento di forza maggiore che sta imponendo a entrambe le parti, locatore e conduttore, l’obbligo di ragionare sulle sorti future del contratto, che in molti casi non potrà proseguire alle medesime condizioni.

L’iniziativa spetta al conduttore, essendo lui il primo interessato a trovare soluzioni che possano soddisfare le sue nuove mutate esigenze. Innanzitutto, prima di prendere in considerazione le possibilità offerte dalla legge per far fronte alla situazione, è opportuno che il conduttore contatti il locatore per valutare con lui la migliore soluzione.

È infatti da escludere che il conduttore possa sospendere il pagamento dei canoni di locazione: si tratterebbe di una decisione arbitraria, che giustificherebbe azioni drastiche da parte del locatore.

Il conduttore potrebbe invece chiedere al locatore di prorogare la scadenza del pagamento, senza addebito di interessi o di altre penalità.

Tale istanza trova peraltro supporto nella legge: l’articolo 1256 del Codice civile, trattando dell’impossibilità temporanea della prestazione dovuta a obiettivi impedimenti, esonera il debitore da ogni responsabilità sino a quando cesserà l’impedimento.

Le parti possono quindi concordare una proroga solo per un determinato periodo, decorso il quale verrà eseguito il versamento del dovuto.

La durata dell’emergenza Covid-19 non è per il momento prevedibile e, di conseguenza, per chi è in difficoltà a causa dell’allarme può non essere facile ottemperare in tempi brevi all’obbligo del pagamento.

In alternativa, il conduttore può richiedere la riduzione del canone per tutto il periodo in cui resteranno in vigore le limitazioni imposte all’apertura degli esercizi pubblici o alla ripresa delle attività.

È probabile però che le conseguenze della crisi non cesseranno con la fine dell’emergenza sanitaria.

Commercianti, artigiani e imprenditori potrebbero dover fare i conti nell’immediato futuro con capacità reddituali ridotte, incompatibili con i canoni concordati prima del Covid-19.

Potrebbe quindi essere opportuno pattuire con il locatore già da oggi una definitiva riduzione del corrispettivo della locazione: o fino alla scadenza legale del contratto in corso, o con la stipula di un nuovo contratto.

Anche questa richiesta avanzata dal conduttore trova fondamento nella legge: l’articolo 1467 del Codice civile, che prevede la possibilità di domandare la risoluzione del contratto se è diventato troppo oneroso per avvenimenti straordinari e imprevedibili, va a ben vedere in soccorso del locatore, consentendogli di offrire migliori condizioni per mantenere in vita il contratto.

Dato l’attuale momento critico, non è consigliabile per i locatori respingere le proposte “di soccorso” che provengono dai loro conduttori. Il rischio, infatti, è di ritrovarsi con un immobile sfitto, per cui comunque occorre pagare imposte e spese condominiali.

Inoltre, potrebbe non essere così facile trovare un altro conduttore alle stesse condizioni contrattuali.

D’altro canto, se i locatori rifiutano la trattativa, non è detto che basti a evitare la richiesta di risoluzione da parte del conduttore il solo credito d’imposta pari al 60% del canone di marzo (previsto dall’articolo 65 del Dl 18/2020 per i soli locali in C/1 e, secondo la circolare 8/E di venerdì scorso, condizionato al pagamento del canone).

Tutto ciò al netto di eventuali altri interventi con l’annunciato “decreto Aprile”.

Resta il problema degli immobili residenziali, per i quali non si può facilmente scegliere di risolvere il contratto: o si ristabilisce consensualmente tra le parti l’equilibrio contrattuale rovinato, o saranno indispensabili altri provvedimenti governativi.

  1. Slittano registrazioni di contratti e tagli di canone

Il «cura Italia» non rinvia il pagamento dell’imposta di registro annuale

Il termine per registrare i contratti di locazione o accordi di rinegoziazione beneficia della proroga a fine giugno. Al contrario, il termine per il pagamento dell’imposta di registro annuale è escluso dalla sfera operativa dell’articolo 62, Dl 18/2020.

La conferma giunge dalla circolare 8/E/2020 delle Entrate di venerdì scorso.

Per l’articolo 62 citato, tutti gli adempimenti tributari, diversi dal pagamento di imposte e dall’effettuazione delle ritenute – in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio – possono essere effettuati entro il mese di giugno. La stessa norma, inoltre, differisce a giugno i versamenti delle ritenute su redditi di lavoro dipendente, dell’Iva e dei contributi previdenziali e assistenziali.

Non ci sono dunque previsioni per le imposte sui trasferimenti.

  1. Una prima ipotesi riguarda la registrazione dei contratti di locazione. Il termine ordinario è di 30 giorni dalla stipula del contratto.
  2. Entro lo stesso termine deve essere pagata l’imposta di registro (se dovuta).

L’adempimento della registrazione può senz’altro fruire della proroga, unitamente all’eventuale opzione per la cedolare secca che il contribuente voglia manifestare in sede di registrazione (e che esclude il pagamento di registro e bollo). Infatti, ciò che non è compreso nel differimento di termini sono le scadenze che riguardano unicamente il pagamento di tributi e contributi diversi da quelli espressamente contemplati.

Al contrario, le scadenze connesse ad adempimenti, anche se collegati un pagamento, dovrebbero tutte slittare a giugno.

Nella circolare 8/E, l’Agenzia conferma tale conclusione con alcune interessanti notazioni.

Si afferma infatti che se il contribuente non si avvale di tutto il maggior termine previsto per legge ma procede alla registrazione durante il periodo di moratoria allora deve anticipare il momento di pagamento dell’imposta alla data in cui esegue la registrazione.

  1. Non è così per il versamento dell’imposta di registro annuale, che va effettuato entro 30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità contrattuale e non è citato tra quelli differiti a giugno. In linea di principio, dunque, e salvo ripescaggi nel “decreto Aprile”, il pagamento va fatto nei termini ordinari (così, sempre la circolare 8/E).

Ricordiamo che è sempre possibile il ravvedimento che, entro i primi 15 giorni, costa solo lo 0,1% per giorno di ritardo. Si ritiene tuttavia che, soprattutto per i contribuenti in difficoltà economica determinata dall’epidemia, sia comunque invocabile la causa di forza maggiore come circostanza di non punibilità, prevista a regime dall’articolo 6, comma 5, Dlgs 472/97.

Al riguardo, la circolare 8/E rileva che la sussistenza della causa di forza maggiore è demandata ad un esame caso per caso da svolgersi da parte dei singoli uffici provinciali.

  1. La registrazione di accordi con cui si riduce il canone è facoltativa, per quanto consigliabile (ed è esente da bollo e registro). La registrazione deve avvenire con il modello 69 – solo cartaceo ma inviabile anche via Pec – entro 20 giorni dalla stipula. Si ritiene però che anche questo invio fruisca della proroga a fine giugno.
  2. La circolare sul cura Italia conferma le regole del Ddt

La fattura immediata, sostituisce il documento se emessa entro 12 giorni

L’emergenza sanitaria non incide sulle regole per l’emissione e la trasmissione del documento di trasporto (Ddt).

Così si esprime la risposta 1.8 della circolare 8/E del 3 aprile scorso, la quale conferma anche che il Ddt può essere validamente sostituito dalla fattura immediata, sia essa elettronica o analogico/cartacea.

La fattura immediata (elettronica o meno), da emettere entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione (termine non sospeso; par. 1.7 della circolare), può infatti “scortare” i beni, ma può anche viaggiare separatamente, «risultando sufficiente la sua sola emissione», come già affermato dalla circolare 225 del 1996.

Fin dalla sua introduzione in sostituzione della soppressa bolla d’accompagnamento, il ddt di cui al Dpr n. 441/1997, oltre che come strumento idoneo a vincere le presunzioni di cessione e acquisto dei beni, ha infatti assolto una funzione di carattere essenzialmente contabile e amministrativo, nella prospettiva dell’adempimento degli obblighi di fatturazione differita. L’articolo 21, comma 4, lettera a), Dpr 633/1972, in effetti, consente di emettere fattura entro il giorno 15 del mese successivo a quello d’effettuazione delle operazioni (cessioni o prestazioni di servizi), sempre che, in caso di vendita di beni, la consegna o spedizione risultino da documento di trasporto (o altro idoneo documento) che evidenzi, in linea con l’articolo 1, Dpr 472/1996, le generalità di cedente, cessionario ed eventuale incaricato del trasporto, oltre a natura, qualità e quantità della merce ceduta.

Ove correttamente redatto e, dunque, qualora siano individuabili tutti i dati richiesti, il Ddt permette il differimento dell’emissione della fattura.

In caso di fattura elettronica, peraltro, dal 4 maggio prossimo in via facoltativa, e dal primo ottobre 2020 obbligatoriamente, le fatture elettroniche differite saranno individuate con i nuovi codici introdotti dalle specifiche tecniche approvate con provvedimento 99922/2020: TD24 per la fattura differita “normale” e TD25 per la cosiddetta “superdifferita” in caso di operazioni triangolari (articolo 21, comma 4, lettera b, Dpr 633/72).

Quanto ai termini di emissione, la circolare 8/E/2020, nel confermare che i Ddt (al pari della fattura) non devono necessariamente scortare i beni, ribadisce anche che essi vanno spediti entro il giorno in cui è iniziato il trasporto e che, allo scopo, ci si può servire del servizio postale o di un corriere e che ci si può altresì avvalere degli strumenti elettronici già validati dalla circolare n. 249 del 1996 (con richiamo alla precedente circolare 225/1996) ossia di sistemi informativi «che consentono la materializzazione di dati identici presso l’emittente e il destinatario», come potrebbe essere il pdf del documento da allegare a un’email o, meglio, a una pec.

Del resto, come sottolineato dalla circolare 36/E/2006, anch’essa menzionata dalla circolare 8/E, nessun intervento o annotazione è richiesto sul documento di trasporto successivamente alla sua emissione, con la conseguenza che deve ritenersi ammissibile che il Ddt sia emesso «sotto forma di documento informatico».

Nulla cambia, inoltre, per quanto concerne la conservazione dei documenti di trasporto.

Si applicano le regole generali in materia (articolo 39, Dpr 633/72) e, quindi, anche dopo l’avvento della fattura elettronica, i Ddt possono essere conservati su carta, come precisato nella Faq 52/2018.

Tuttavia, se i Ddt sono allegati facoltativamente alla fattura elettronica, essi saranno portati in conservazione unitamente al formato Xml della fattura (anche fruendo del servizio gratuito offerto dall’amministrazione finanziaria). Nello stesso senso è la successiva Faq 120/2019, la quale sottolinea che le regole per la fattura differita non sono cambiate e che, pertanto, nella stessa vanno richiamati gli estremi dei documenti di trasporto «che potranno essere allegati al file Xml».

Da ricordare infine che, in presenza di fattura elettronica differita supportata da Ddt, è possibile indicare nel campo data del formato xml della fattura una sola data che può essere quella dell’ultima operazione e, quindi, dell’ultimo ddt di consegna (circolare 14/E/2019), ovvero, fra le varie alternative individuate dalla risposta a interpello 389/2019, quella convenzionale di fine mese, soluzione che meglio risponde alle normali esigenze dei software gestionali.

Il tutto, fermo restando che l’invio della fattura deve avvenire entro il 15 del mese successivo e che l’imposta va liquidata nel mese di “competenza”.

Cordiali Saluti