Decreto Cura Italia: la disciplina delle indennità
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Al fine di dare un aiuto economico, per la verità di importo modesto, a lavoratori autonomi e collaboratori coordinati e continuativi, il decreto legge 18/2020 ha previsto delle indennità che sono riconosciute dall’Inps.
CommentoAl fine di sostenere, anche se in modo molto limitato, i lavoratori autonomi e i professionisti, il decreto-legge Cura Italia prevede l’erogazione di una indennità da parte dell’Inps, che solo con il recente decreto del Ministero del Lavoro è stata estesa ai professionisti, che prima erano rimasti misteriosamente esclusi e che ora vengono inclusi, nei termini che si andranno ad analizzare ma con alcune limitazioni la cui ratio non è ben chiara.
Concentrandosi, però, dapprima, sui lavoratori autonomi e professionisti che devono risultare iscritti alla gestione separa Inps, l’articolo 27 del decreto legge 18 del 2020 stabilisce l’erogazione di una indennità nei confronti di:
•liberi professionisti con partita Iva attiva alla data 23.2.2020 e
•collaboratori coordinati e continuativi attivi alla data del 23.2.2020.
Da un punto di vista soggettivo la norma, con riferimento alle due categorie di contribuenti sopra indicate, pone una prima condizione, per la verità in modo non chiaro e cioè che gli stessi debbano essere iscritti alla gestione separata Inps.
La norma letteralmente dispone, infatti, che l’indennità spetta «Ai liberi professionisti titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata (Inps, ndA) di cui all’articolo 2, comma 26 , della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie», non essendo risultato da subito del tutto chiaro se anche i liberi professionisti dovessero essere stati scritti alla Gestione separata.
Con Messaggio 1288 del 20.3.2020 , l’Inps ha evidenziato che all’indennità possono accedere:
•i liberi professionisti con partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir, iscritti alla Gestione separata dell’Inps;
2.i collaboratori coordinati e continuativi con rapporto attivo alla predetta data del 23 febbraio 2020 e iscritti alla Gestione separata dell’Inps.
Con riferimento all’indennità in commento e rinviando a quanto si dirà successivamente con riferimento al “Fondo di ultima istanza” che coinvolge i liberi professionisti, per l’indennità in commento vi è, quindi, la necessità dell’iscrizione alla gestione separata Inps, escludendo, così, dalla presente indennità, tutti i professionisti che risultano iscritti a casse previdenziali private come, a titolo meramente esemplificativo, i commercialisti, gli avvocati, gli architetti, i geometri, ecc.
L’Inps, però, afferma che possono beneficiare della agevolazione anche i liberi professionisti che partecipano a studi associati o società semplici, con attività di lavoro autonomo, indicando come riferimento il primo comma dell’articolo 53 del Dpr 917/1986 ma, si ritiene sempre se iscritti alla gestione separata Inps.
La seconda categoria di soggetti che può beneficiare della indennità in commento è quella dei lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che risultino, però, attivi alla data del 23 febbraio 2020.
La categoria dei collaboratori coordinati e continuativi (detti anche co.co.co.), che devono essere iscritti sempre alla Gestione separata Inps già citata, è sostanzialmente costituita dalla categoria di lavoratori così detti parasubordinati che si trova nel mezzo tra i lavoratori autonomi e i dipendenti, ltrattandosi di soggetti che lavorano in piena autonomia e senza vincoli di subordinazione, ma con un rapporto continuativo con il committente.
Si tratta, in buona sostanza, di soggetti che producono redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, e che la lettera c-bis), del primo comma dell’articolo 50 del Dpr 917/1986, definisce come «percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente […], o nell’oggetto dell’arte o professione […], esercitate dal contribuente». Tra i collaboratori coordinati e continuativi rientrerebbero anche i soggetti che svolgono l’attività di amministratore, ma sulla possibilità che questi soggetti possano usufruire della indennità in commento si attendono chiarimenti.
Se questo, dunque, è l’inquadramento soggettivo per accedere all’indennità, con la prima condizione di iscrizione alla Gestione separata Inps di cui si è detto, l’ulteriore condizione che viene posta dalla norma affinché sia possibile accedere all’agevolazione di cui si dirà subito di seguito, è che tali soggetti non siano titolari di pensioni e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
Venendo, dunque, all’indennità, essa è stabilita nella somma, una tantum, di euro 600 per il mese di marzo 2020, importo così innalzato, rispetto a quello inizialmente previsto di 500 euro, in fase di approvazione del decreto. Tale indennità, che non concorre alla formazione del reddito del percipiente, verrà erogata direttamente dall’Inps, previa presentazione di apposita domanda e nel limite di spesa complessiva di 203,4 milioni di euro per l’anno 2020.
Un’altra indennità che vede coinvolti i lavoratori autonomi è quella prevista dall’articolo 28 del decreto legge Cura Italia. Sempre in virtù delle restrizioni e delle difficoltà economiche causate dall’epidemia Covid-19, tale articolo riconosce una indennità una tantum ai lavoratori autonomi che risultino iscritti alle gestioni speciali dell’Ago, ossia all’Assicurazione Generale Obbligatoria, gestita dall’Inps. Si tratta di una assicurazione a cui risulta iscritta la generalità dei lavoratori dipendenti, con riferimento al settore privato, nonché i lavoratori autonomi e liberi professionisti. La norma, però, fa riferimento, letteralmente, ai lavoratori autonomi, escludendo dall’aiuto sia i lavoratori dipendenti che i liberi professionisti.
Mentre la differenza fra lavoratore autonomo e lavoratore dipendente è chiara, quella fra lavoratore autonomo e libero professionista è molto più delicata.
Quest’ultima tipologia di soggetti è costituita, infatti, da coloro che prestano servizi che abbiano contenuto intellettuale e che solitamente risultano iscritti a un ordine di appartenenza come avviene, per esempio, per i commercialisti, gli avvocati, i notai, gli architetti, i geometri, ecc. Il lavoratore autonomo, invece, è colui che svolge un’attività in modo indipendente, senza, quindi, avere un vincolo di subordinazione.
Si può trattare, sempre a mero titolo esemplificativo, dei commercianti, degli idraulici, degli elettricisti, dei meccanici, ecc.
Con proprio messaggio n. 1288 del 20.3.2020 , l’Inps, facendo dapprima presente che le istruzioni operative e procedurali in merito all’applicazione del beneficio in commento saranno fornite con apposita circolare, ha evidenziato che all’indennità in commento possono accedere i lavoratori iscritti alle seguenti gestioni:
•artigiani;
•commercianti;
•coltivatori diretti, coloni e mezzadri;
Il Mef con proprie Faq ha chiarito che sono destinatari della indennità in commento anche i singoli soci di società di persone e di capitali se «sono iscritti a gestioni dell’Inps», visto che l’indennità è personale e non attribuibile alla società in quanto tale, e sono altresì inclusi, cambiando opinione nel giro di qualche giorno, gli agenti di commercio.
Da un punto di vista soggettivo, quindi, destinatari della indennità in commento sono i lavoratori autonomi in genere che, però, devono rispettare altre importanti condizioni, stabilite sempre dalla norma, ossia:
•non essere titolari di pensioni e
•non risultare iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, fatta eccezione per la gestione separata Inps di cui al comma 26 dell’articolo 2 della legge 335/1995 .
A tali soggetti viene riconosciuta una indennità una tantum, per il solo mese di marzo 2020, pari a euro 600, che non concorre alla formazione del redito ed è erogata dall’Inps, previa apposita domanda da presentare all’istituto nazionale di previdenza sociale.
Si evidenzia che le indennità non sono fra loro cumulabili e che l’importo della spesa complessivamente stanziata a copertura dell’indennità è di euro 2.160 milioni di euro per l’anno 2020 e che l’Inps dovrà monitorare il rispetto del limite di spesa ed eventualmente, in presenza di scostamenti, non adottare altri provvedimenti concessori; con riferimento alla domanda da presentare, per entrambe le indennità sopra citate, con Messaggio n. 1288 del 20.3.2020 , l’Inps ha già anticipato che, al fine di ricevere l’indennità, la domanda dovrà essere presentata in via telematica allo stesso Inps utilizzando «i consueti canali telematici messi a disposizione per i cittadini e per i patronati nel sito internet dell’Inps, www.inps.it.». Da quanto affermato le domande saranno rese disponibili, entro la fine del mese di marzo dopo che saranno adeguate le procedure informatiche.
In data 27.3.2020 l’Inps ha comunicato che “le domande per usufruire della prestazione “indennità 600 euro” potranno essere presentate a partire dal primo aprile 2020″, ma non è chiaro, però, se una volta raggiunta la spesa limite stabilita dalla legge, le indennità verranno erogate comunque a tutti i richiedenti ma in valore proporzionalmente ridotto, ovvero se verrà semplicemente bloccato l’accesso una volta terminata la provvista.
L’apertura per i professionisti
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Il Ministero del Lavoro, con decreto interministeriale non ancora pubblicato, ha colmato il vuoto che il decreto legge Cura Italia aveva creato escludendo, di fatto, i professionisti con cassa privata dalle indennità previste dallo stesso decreto.
CommentoI professionisti non iscritti alla gestione separata Inps ma a casse previdenziali “private”, sono risultati, fin da subito, i grandi esclusi dalle principali agevolazioni messe in piedi dal decreto Cura Italia, ivi comprese dalle indennità sopra indicate, con grande protesta da parte sia del presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Odcec), sia da parte dei presidenti di altre categorie di professionisti.
Proprio nella giornata del 28.3.2020, il Ministero del Lavoro ha pubblicato la bozza di decreto interministeriale attraverso il quale viene riconosciuta una indennità anche a tali soggetti, ma con delle limitazioni che hanno fatto immediatamente sorgere ulteriori malcontenti.
È necessario preliminarmente far presente che l’articolo 44 del decreto legge Cura Italia, Dl n. 18 del 17 marzo 2020, stabilisce letteralmente che «Al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo denominato “Fondo per il reddito di ultima istanza” volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di cui al presente comma, di una indennità, nel limite di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020».
Con decreto del Ministero del Lavoro di cui si è detto, che, alla data di redazione della presente circolare, non è ancora pubblicato, viene sostanzialmente riconosciuta una indennità di euro 600 ai professionisti iscritti alle casse di previdenza private, ma anche ai lavoratori autonomi, che rientrino tra quelli di seguito individuati:
•lavoratori che abbiano percepito, nel periodo d’imposta 2018, un reddito complessivo, al lordo dei canoni di locazione assoggettati a cedolare secca, non superiore a euro 35.000 e che abbiano subito una limitazione dell’attività a causa del Covid-19;
•lavoratori che abbiano percepito, nel periodo d’imposta 2018, un reddito complessivo, al lordo dei canoni di locazione assoggettati a cedolare secca, compreso tra i 35.000 e i 50.000 euro ma alla condizione che abbiano cessato o ridotto o sospeso l’attività autonoma o libero professionale a causa del Covid-19, intendendo per cessazione dell’attività la chiusura della partita Iva tra il 23.2.2020 e il 31.3.2020 e per riduzione o sospensione della stessa, qualora si sia in presenza di una “comprovata” riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020 rispetto a quello del primo trimestre 2019.
L’indennità riconosciuta direttamente dalle casse di appartenenza dal primo aprile 2020, a condizione che il soggetto non sia titolare di pensione, è pari a euro 600 per il solo mese di marzo 2020 e non è cumulabile con alcuna delle altre indennità previste dal Dl 18/2020.
Non solo: l’indennità può essere richiesta a un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria attraverso la presentazione di una istanza, secondo lo schema predisposto dalla singola “cassa”, corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà contenente le dichiarazioni che si riportano nella tabella che segue.
Stabilisce ancora il decreto del Ministero del Lavoro che gli enti di previdenza procedono, oltre che alla verifica dei requisiti, «alla erogazione della indennità in ragione dell’ordine cronologico delle domande presentate e accolte», e trasmettono all’Inps l’elenco dei soggetti ai quali è stata corrisposta l’indennità in commento, evidentemente per un controllo sulla duplicazione delle indennità erogate al singolo soggetto.
In merito a tale decreto che pone, come si può evincere da quanto sopra riportato, delle condizioni che non vengono poste con riferimento ad altri soggetti, tra cui i lavoratori autonomi e i co.co.co. di cui già si è detto, l’Associazione Nazionale Commercialisti in un comunicato stampa congiunto con l’Adc si è espressa in modo critico, chiedendo che tali condizioni vengano completamente rimosse.
Si ricorda che
- Le indennità riconosciute dal decreto legge Cura Italia non concorrono alla formazione del reddito del percipiente.
- Le indennità non sono cumulabili fra di loro.
La normativa | Al fine di sostenere i lavoratori autonomi e i professionisti, il decreto legge Cura Italia prevede l’erogazione di una indennità da parte dell’Inps e che solo con il recente decreto interministeriale del Ministero del Lavoro è stata estesa ai professionisti, che prima erano rimasti misteriosamente esclusi e che ora vengono inclusi, nei termini che si andranno ad analizzare ma con alcune limitazioni la cui ratio non è ben chiara. |
L’ambito soggettivo | L’articolo 27 del Dl 18/2020 stabilisce l’erogazione di una indennità nei confronti di:
· liberi professionisti con partita Iva attiva alla data del 23.2.2020 e · collaboratori coordinati e continuativi attivi alla data del 23.2.2020 |
L’indennità | L’indennità, una tantum, è di euro 600 per il mese di marzo 2020, importo così innalzato, rispetto a quello inizialmente previsto di 500 euro, in fase di approvazione del decreto. Tale indennità, che non concorre alla formazione del reddito del percipiente, verrà erogata direttamente dall’Inps, previa presentazione di apposita domanda e nel limite di spesa complessiva di 203,4 milioni di euro per l’anno 2020. |
I professionisti | I professionisti sono risultati, fin da subito, i grandi esclusi dalle principali agevolazioni messe in piedi dal decreto Cura Italia, con grande protesta da parte sia del presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Odcec), sia da parte dei presidenti di altre categorie di professionisti. Proprio nella giornata del 28.3.2020, il Ministero del Lavoro ha pubblicato la bozza di decreto interministeriale attraverso il quale viene riconosciuta una indennità anche a tali soggetti, ma con delle limitazioni che hanno fatto immediatamente sorgere ulteriori malcontenti. |